Fmi riduce le stime del Pil e lancia l’allarme Brexit

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WASHINGTON Il Fondo monetario internazionale taglia le stime di crescita del mondo e dell’Italia in particolare. Teme il rischio Brexit, “una possibilità reale”. E per la prima volta avverte che la crisi dei rifugiati in Europa, gli attacchi terroristici e le incertezze sull’economia portano “ad un aumento dei nazionalismi”. Non solo numeri, quest’anno, nel consueto World economic outlook, il librone che fotografa lo stato di salute del pianeta, le sue incertezze, le inquietudini. «Non c’è più molto spazio per fare errori», ripete Maurice Obstfeld, il nuovo capo economisti del Fmi. «Bisogna stare allerta, senza allarmismi».

Le stime non sono confortanti per nessuno, ancor più per l’Italia che “cresce meno delle attese”. Bene che andrà, quest’anno il Pil nazionale potrà aumentare dell’1% appena, contro l’1,2 stimato dal governo nel Def approvato lo scorso venerdi. Stesso trend anche nel 2017: più 1,1% contro l’1,4. Il deficit-Pil è collocato ancora a quota 2,7%, lo 0,4% in più rispetto alle previsioni ufficiali. E il debito, anziché scendere, dovrebbe continuare ad aumentare quest’anno: l’Fmi scommette sul 133% (132,4% l’obiettivo ufficiale). Anche la disoccupazione si mantiene a due cifre, come in Francia, pur se scenderà a fine 2016 all’11,4% ma il relativo tasso resta superiore alla media Ue (10,3%). «I conti si fanno alla fine», taglia corto il premier Renzi. Toccherà al ministro Padoan, atteso negli Usa nelle prossime ore, rintuzzare queste stime.

Italia col freno, comunque: come mai? A domanda, Obstfeld risponde che alla scarsa crescita contribuiscono i crediti deteriorati delle banche, per i quali il governo sta studiando soluzioni. “Un problema serio”, anche secondo il vice direttore della ricerca, Gian Maria Milesi-Ferretti, vista la dipendenza del sistema produttivo italiano dai finanziamenti bancari. A suo giudizio, un’accelerata potrebbe derivare da un ribasso del cuneo fiscale che “da sempre” è una buona leva per aiutare la crescita, specie quando «si ha poco spazio per la politica fiscale tradizionale».

Le sforbiciate tuttavia non risparmiano nessuno. Dagli Usa al Giappone al resto d’Europa, ovunque le speranze sono andate deluse. Tant’è che l’economia globale nel suo complesso cresce meno del presto (da 3,4 a 3,2% quest’anno) e le incertezze aumentano. Il Fondo evoca il rischio di una “stagnazione secolare”. Non aiuta la Brexit: gli economisti Fmi temono che il referendum di giugno possa decretare l’uscita del Regno Unito dall’Europa, con “seri danni a livello globale e locale”. E per questo invitano i governi ad attrezzarsi, con un piano anti-shock per contenere gli scossoni. Il Fondo stima per il Regno unito una crescita quest’anno dell’1,9%, lo 0,3% in meno di quanto calcolato a inizio del 2016. Un ribasso dello 0,2% è previsto anche per la Germania e la Francia, con un Pil atteso rispettivamente dell’1,5 % e dell’1,1 quest’anno. Rallenty pure in Spagna, a quota 2,6%, lo 0,1% in meno. La crescita dell’area euro nel suo complesso, pure in ribasso, si colloca all’1,5. Vanno inoltre meno bene del previsto gli Usa (2,4), il Giappone (0,5) e tutte le economie emergenti (4,1). India e Cina resistono, ma il Brasile dovrebbe subire un crollo del 3,8%.

Le incertezze dell’economia unite alla crisi dei rifugiati e dei migranti che premono alle porte dell’Europa e l’aumento del terrorismo, possono portare ad una “ondata di nazionalismo”. La Brexit ne è un esempio. Obstfeld pare seriamente preoccupato: «Il consenso politico che ha spinto in avanti il progetto europeo si sta sfilacciando», avverte.



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