by redazione | 30 Aprile 2016 10:14
di Antonio Sciotto, il manifesto
«L’ultima persona che ha perso la vita è una ragazza di 28 anni che abitava ad Alessandria, qualche mese fa. La nostra è una corsa contro il tempo per accelerare le bonifiche, ed evitare che altri si ammalino». Concetta Palazzetti, sindaca di Casale Monferrato, porta l’esempio di un paese che ha già tolto tanto amianto, così come è avvenuto nei 48 comuni intorno, ma che ha ancora parecchia strada da fare, perché la malattia si è fatta addirittura più aggressiva: «Nel 2015 – spiega – abbiamo avuto 79 nuovi casi di mesotelioma, rispetto ai 54 del 2014. Tutti i giorni i conti facciamo i conti con la paura che improvvisamente un familiare o un amico possa ammalarsi».
Casale ospitava lo stabilimento della Eternit, il più grande d’Europa per produzione di manufatti in amianto: 94 mila metri quadri, di cui 54 mila coperti. «Per anni l’azienda ha regalato agli operai sacchi pieni di polverino, con cui poi costruivano sottotetti e muretti di contenimento. Il sindaco Riccardo Coppo nel 1996 emise finalmente una ordinanza di chiusura, tra le proteste delle 3 mila famiglie che ci lavoravano. La Eternit ha abbandonato capannoni e magazzini con porte e finestre aperte, con il vento che da allora ha diffuso le polveri in tutto il paese».
Le bonifiche sono iniziate nel 1999, e dopo la sentenza di Cassazione che non ha soddisfatto i familiari delle vittime, la sindaca Palazzetti spiega di essere stata ricevuta dal premier Matteo Renzi, che ha destinato ai comuni della zona 64 milioni di euro in tre anni. «La nostra richiesta è stata quella di svincolare questi fondi dal patto di stabilità, e non appena è avvenuto le bonifiche si sono decuplicate: siamo passati dai 900 quintali del 2014 agli 11 mila del 2015».
È importante, spiega la prima cittadina di Casale, «che i fondi siano considerati di emergenza, e scorporati dai bilanci ordinari, sebbene debbano essere rendicontati ovviamente al centesimo: questo ci permette di non perdere eventuali avanzi, e usarli anche in futuro».Gli edifici pubblici della zona sono stati tutti già bonificati, ora il grosso del lavoro tocca ai privati e alle imprese. Sono state firmate intese con le banche per il microcredito, accordi per calmierare i prezzi delle ditte e dei professionisti, un protocollo per la legalità con la prefettura. Un comitato formato da cittadini, sindacati, associazioni ed esperti monitora tutti i progetti.
«Un appello speciale voglio farlo alla Confindustria – aggiunge la sindaca Palazzetti – Sensibilizzate le imprese a portare avanti le bonifiche. Ce ne sono tante che, seppure non in difficoltà economiche, ignorano le nostre richieste. Io stessa sono andata con il modulo in mano da tanti imprenditori, a spiegare che si può accedere a fondi pubblici e facilitazioni, ma non tutti rispondono positivamente». Nel caso di capannoni abbandonati e industriali «latitanti» il Comune procede comunque, per ordinanza: «in danno», e poi si rivale sull’impresa.
«Non bonificare è un delitto – dice Palazzetti – Dobbiamo pensare che tante persone sono tuttora a rischio, perché i manufatti sono diffusi e si deteriorano. Le imprese devono assumersi questa delicata responsabilità, come ha già fatto il pubblico con i suoi edifici».
Insieme al sindaco di Broni, altro comune molto colpito, la prima cittadina di Casale Monferrato chiede un tavolo di monitoraggio a Roma con le istituzioni locali, i ministeri e le commissioni parlamentari, perché il lavoro delle bonifiche sia costantemente monitorato. E all’Inail viene avanzata la richiesta di «riservare una quota delle risorse messe a bando ai siti che presentano maggiore rischio».
Quanto alle discariche, una è già attiva a Casale, ma presto se ne dovrà realizzare un’altra in uno dei comuni vicini: la sindaca invita i comitati che si sono allarmati «a riflettere sul fatto che se ben incapsulato e interrato, l’amianto è innocuo, perché non crea neanche percolati. Essendo inerte, è quindi meno pericoloso delle stesse discariche di rifiuti urbani».
Infine, si chiede di sostenere l’Ufim di Casale e gli altri centri italiani specializzati nella ricerca e cura del mesotelioma. «L’Ufim è stato creato grazie ai risarcimenti avuti da alcuni familiari delle vittime da parte di Eternit: queste famiglie hanno deciso di donarli alla ricerca».
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