Corsa contro il tempo, il petrolio è arrivato in mare
GENOVA La parola d’ordine da oggi è correre. Correre contro il tempo per rimuovere entro venerdì il 90% del greggio in superficie sversato domenica sera dall’oleodotto Iplom nei torrenti della Valpolcevera per evitare che il peggioramento delle condizioni meteo previsto per il fine settimana faccia precipitare la situazione.
E’questo l’obiettivo illustrato al termine di un vertice in Prefettura a Genova dal direttore del settore Rischi della Protezione civile Roberto Oreficini, che ieri ha fatto un sopralluogo sui luoghi del disastro, dal sindaco di Genova Marco Doria, dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e dal responsabile Iplom per l’Ambiente e la sicurezza Gianfranco Peiretti. Da domani gli autospurghi saranno in azione 24 ore su 24 e aumenteranno a 27 dai 21 attuali, mentre i battelli in azione alla foce del Polcevera passeranno da 4 a 6. Una parte del greggio infatti è arrivata in mare, soprattutto nella zona delle banchine dello stabilimento Ilva di Cornigliano.
Nelle mani del vento
Oggi il vento da sud ha aiutato a contenere un’ulteriore dispersione che sta provocando una moria di cormorani a caccia di pesci tra il petrolio. Ieri la situazione è rimasta stabile, ma una nuova rotazione dei venti, così come una piena dovuta dalla pioggia, sarebbe fatale. A Fegino intanto la tensione resta alta. Una cinquantina di abitanti sono scesi in piazza con un piccolo corteo improvvisato fino ai cancelli della Iplom. «Alla azienda vogliano dire che siamo vigili e seguiamo passo passo questi lavori – spiega Mauro Zelaschi del comitato spontaneo Cittadini di Fegino – e ci stupisce che ci siano ancora tutte queste pozze di petrolio sul rio che si infiltrano nel terreno e che siamo costretti a respirare dalle nostre finestre». Il casus belli della protesta è stata in realtà la decisione della commissione comunale sull’emergenza petrolio convocata per il 26 aprile a Palazzo Tursi, dove saranno ascoltati anche i vertici di Iplom, di non audire il comitato: «Ci hanno detto che essendo il nostro un comitato spontaneo non siamo un soggetto legittimato a parlare – denuncia Antonella Marras – questo è incredibile perché siamo liberi cittadini e come tali vogliamo essere rispettati e poter far sentire la nostra voce».
L’assessore alla protezione civile del Comune Gianni Crivello, che da giorni la spola tra Tursi e e Fegino prova a smorzare le polemiche: «Abbiamo dato una disponibilità a incontrarli venerdì insieme al sindaco – spiega – e sarà solo un primo passaggio. Nel frattempo stiamo addosso ad Iplom a cui abbiamo detto in tutti i modi che deve fare presto».
Aria irrespirabile
Alla manifestazione c’erano anche bambini e persone anziane che in mattinata si sono fatte visitare dall’ambulatorio mobile inviato dall’azienda sanitaria genovese. Trentaquattro in tutto gli abitanti refertati. Per il direttore sanitario della Asl 3 Luigi Bottaro la situazione è sotto controllo: «I problemi riscontrati – dice – sono di tipo irritativo alle congiuntive e alle prime vie aeree e derivano dalle piccole dosi di elementi volativi che si scatenano dal greggio. I dosaggi però sono talmente bassi che non si può allo stato attuale parlare di un rischio reale». Per non sbagliare, comuque, visto i malore accusato martedì da una donna di 75 anni che è finita in ospedale, l’ambulatorio mobile resterà al suo posto per altri sette giorni. «Noi queste esalazioni – replicano gli abitanti – le respiriamo 24 ore su 24 – e sicuramente fanno male, anche perché ce le ritroviamo nel naso anche quando andiamo in centro a lavorare». E gli stessi medici dell’ambulatorio, che sono rimasti sul posto una decina di ore ammettono: «Sicuramente dà fastidio, anche a noi un po’ di mal di gola e mal di testa è venuto».
L’atmosfera che si respira a Fegino è spessa e va oltre l’aria (ancora pessima) che si respira. Gli abitanti percorrono su e giù il rio Pianego osservano, annotano e appena qualcosa non torna non esitano a telefonare ai loro referenti. Ieri sono arrivati anche i carabinieri dopo che alcuni cittadini avevano notato due persone che lavoravano una decina di metri sopra il tubo: «Non vorranno mica sistemare una nuova condotta prima della bonifica, vero?» si chiedono, ma all’arrivo dei militari lassù nel bosco non c’è più anima viva. Restano gli operai dalle facce stanche e dagli stivali imbrattati di greggio in mezzo al torrente: «Stiamo stanchi di stare con i piedi bagnati e di respirare questa roba – confessano mentre mangiano un panino seduti su una panchina nella pausa pranzo – ma è il nostro lavoro. Il problema è che di tutto questo tra pochi giorni o settimane non si ricorderà più nessuno». E’ lo stesso timore degli abitanti di Fegino, in questi giorni quasi sopraffatti dal circo mediatico che staziona stabilmente ai giardini Montecucco, che fino a pochi giorni fa anche a Genova in pochi sapevano collocare e che rischiano di tornare presto nel dimenticatoio insieme a tutto il quartiere e ai suoi mille problemi.
Sabato di nuovo in piazza
Dopo la manifestazione, qualcuno si organizza per la perlustrazione serale: «Andiamo a vedere a che ora se ne vanno» dicono e la risalita lungo la creuza contornata da piccoli orti che presto saranno contaminati, ha il sapore della rassegnazione. «Qui c’erano trote e una famiglia di anatroccoli – racconta un abitante guardando un enorme pozza di petrolio contenuta da una diga di sabbia – racconta Massimo Barigozzi – fino alla settimana scorsa andando a lavorare sentivamo le rane cantare. Ora c’è solo silenzio».
Oggi sul torrente Polcevera compariranno gli striscioni di Legambiente che per sabato ha organizzato una manifestazione davanti al Porto Petroli di Multedo, mentre a Fegino si celebra il 25 aprile con i bimbi delle scuole che festeggeranno la Liberazione e saranno ancora una volta il simbolo un quartiere che prova a resistere.
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