Austria, il voto che scardina la coalizione

Austria, il voto che scardina la coalizione

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Oggi per gli austriaci eleggere il presidente della repubblica non sarà come le altre volte. Figura prevalentemente rappresentativa, in passato quel voto riscaldava poco. (Eccetto 20 anni orsono, quando fu eletto presidente il discusso Kurt Waldheim, caso che poi innescò un salutare dibattito sul passato nazista del paese).

Stavolta si prevede un terremoto che già scuote gli equilibri politici del paese. I partiti della coalizione di governo, i socialdemocratici (Spoe) del cancelliere Werner Faymann e i popolari (Oevp) non dovrebbero neanche arrivare al ballottaggio, secondo tutti i sondaggi. In tre si contendono il ballottaggio, incerto è in quale ordine arriveranno. In testa, intorno al 26% è riuscito a mantenersi fino alla fine della campagna elettorale Alexander Van der Bellen, 72 anni, ex portavoce e ex capogruppo dei Verdi. Partito di opposizione, governa solo a livello locale, alle politiche del 2013 era arrivato al 12,4%. Ben più vasta l’area che riesce ad intercettare Van der Bellen, ex professore di economia politica, stile ironico e riflessivo, anticonformista , lontano dalla «casta dei politici», contrario ai muri ai confini e nelle teste. E’ il candidato che si è espressamente impegnato a non affidare all’estrema destra della Fpoe di H.C. Strache la formazione di un governo qualora diventasse primo partito (ma non maggioranza assoluta). E’ intorno a questo nodo, la competizione tra il candidato verde e gli xenofobi affiliati a Le Pen e Salvini, che si deciderà il futuro del paese.
Il candidato della Fpoe Norbert Hofer è al secondo posto con soli 2 di distanza da Van der Bellen.

E’ il più giovane, 44 anni, ex tecnico di aeroplani rappresenta il volto gentile del partito fondato da Joerg Haider, sorridente e apparentemente poco aggressivo, secondo la platea che trova, un «lupo travestito da agnello» che in realtà fa parte delle Burschenschaften, una corporazione studentesca combattente e gira armato. Aria inoffensiva e perciò più pericoloso, come dice Robert Misik, giornalista e saggista, perché abbassa la soglia di paura che molti elettori incerti coltivano nei confronti di quel partito. Nella Elefantenrunde, il dibattito televisivo conclusivo tra tutti i candidati, Hofer si è scoperto un po’ di più: «Vi stupirete quali cose può fare un presidente della repubblica», ha risposto alla domanda su come pensa di realizzare i programmi annunciati – minori servizi sociali per immigrati, loro esclusione anche dall’Ams, il servizio di collocamento lavoro – non certo di competenza del presidente della repubblica. Se in autunno, quando centinaia di migliaia di profughi hanno attraversato l’Austria, fosse stato presidente, Hofer avrebbe sciolto il governo in quanto incapace a proteggere i confini. La Fpoe infatti nel suo programma propone una specie di terza repubblica di tipo presidenziale.

Terzo candidato a contendersi il ballottaggio, il più autonomo, è Irmgard Griss, l’unica donna, che gioca anche questa carta di genere. Ex presidente della Corte di cassazione, piena di energia e voglia di farcela, ha guadagnato molti consensi nel corso della campagna elettorale. Di ambiente conservatore, si è candidata senza sostegno iniziale di nessun partito, sorprendendo strada facendo per le sue posizioni aperte in difesa dei diritti dei richiedenti asilo. Forte appeal la sua autonomia e il linguaggio non politichese che gli altri candidati controbattono accusando l’assoluta mancanza di esperienza politica.

Così Rudolf Hundsdorfer della Spoe, fino a tre mesi fa Sozialminister (ministro del lavoro) del sempre più impopolare governo Faymann di cui porta la croce. Ex segretario generale dei sindacati austriaci Oegb, non ha convinto il suo «Uno di noi» proclamato nei suoi cartelloni. «Noi chi?» gli è stato chiesto. I lavoratori, sarò il presidente dei lavoratori dipendenti ha spiegato l’ex ministro che ha battuto molte fabbriche. In televisione appariva teso e stanco. I sondaggi lo danno al 15%.



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