by CORRADO ZUNINO, la Repubblica | 16 Aprile 2016 10:21
Le trivelle entro le dodici miglia marine – quelle che domani saranno sottoposte a referendum – sono vecchie e usurate. E per metà sono ferme: non estraggono gas né petrolio dai fondali italiani. Un dossier del Wwf rivela che su 88 piattaforme esistenti sopra il mare piatto della Romagna o quello profondo davanti a Porto Empedocle 39 sono inattive. Alcune da mesi, altre da anni. Il lavoro, già trasformato in un “instant book”, individua otto impianti “non operativi” e trentuno “non eroganti”. I primi otto sono tutti dell’Eni: sette estraggono gas e uno – l’Ombrina mare 2 davanti a Ortona, in Abruzzo – petrolio. La piattaforma Giulia 1, in Romagna, pesca diciassette metri sotto ed è vecchia di 36 anni. Ma ci sono trivelle dismesse che hanno solo dieci anni di vita (la concessione europea ne dura trenta) e che l’Ente nazionale idrocarburi ha deciso per ragioni economiche o di esaurimento del giacimento di non utilizzare più. Il Wwf sostiene che queste piattaforme, rischiose per la navigazione e deleterie per il paesaggio, andrebbero smantellate subito.
Ci sono, poi, gli impianti “non eroganti”, definizione del ministero dello Sviluppo economico. Trentuno. Quindici dell’Eni, i sette intorno a Pesaro dell’Adriatica idrocarburi, i sei in Abruzzo di Edison. Tre sono della Ionica Gas, al largo del porto di Crotone. Sono fermi – formalmente – per manutenzione. In alcuni casi, però, il “controllo e ripristino” dura da anni. L’ipotesi del Wwf è questa: «Diverse piattaforme etichettate come non eroganti in realtà hanno cessato la produzione, ma le aziende estrattive non lo dichiarano per evitare i costi per la loro demolizione e il ripristino dello stato dei luoghi. Abbiamo chiesto un’indagine al ministero”. Tra queste, le sette piattaforme romagnole sono le più grandi: estraggono da cinquanta pozzi sottomarini. La “Porto Corsini Mwa”, costruita nel 1968, è a soli sette chilometri dalla costa. Quasi metà delle strutture (42) ha più di trent’anni di vita.
Gaetano Benedetto, direttore generale del Wwf: «Altroché rinnovare concessioni, il governo smantelli le piattaforme improduttive. Sono diventati relitti di produzioni inquinanti che rischiano di collassare nel nostro mare».
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