L’Ue chiede ad Atene altri sacrifici
L’Europa continua a chiedere sacrifici alla Grecia, e il governo di Syriza cerca di proteggere le classi sociali più deboli. È questo, in sostanza, il messaggio arrivato ieri dall’Eurogruppo e dal governo Tsipras.
Per chiudere la fase di valutazione dei progressi compiuti finora da Atene, i ministri delle finanze Ue, chiedono all’esecutivo Tsipras di approvare delle misure straordinarie, che somigliano molto a quelle che in Italia ci si è abituati a chiamare clausole di salvaguardia: misure che verranno adottate solo nel caso in cui non dovessero venire centrati gli obiettivi di bilancio previsti, con particolare riferimento alle entrate.
Nei prossimi giorni dovrebbero venire definite nel dettaglio, in collaborazione con il ministro delle finanze, Efklidis Tsakalotos. Per il prossimo giovedì, 28 aprile, infine, si dovrebbe arrivare a un Eurogruppo straordinario per poter chiudere questa delicatissima fase. Il problema, ovviamente, è sotto gli occhi di tutti.
Se si insiste nel chiedere misure basate sulla logica dell’austerità, è molto probabile che la ripresa non riesca ad arrivare, e che non si possa, quindi- in una situazione di perenne depressione- centrare gli obiettivi di bilancio. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, ha dichiarato che negli ultimi giorni ci sono stati importanti progressi nelle trattative con la Grecia, insistendo, tuttavia, sull’importanza dell’approvazione delle clausole di salvaguardia le quali, ha chiarito, dovranno essere approvate dal parlamento ellenico.
Il governo di sinistra greco si trova davanti ad una ennesima, difficile sfida: da una parte impedire che il paese rimanga senza liquidità e non permettere che ambienti della finanza ultraliberista riescano ad asfissiare economicamente la Grecia. Dall’altra ribadire -e confermarlo nel concreto- che la priorità politica deve essere costituita dalla protezione delle classi sociali più deboli, che sono state dissanguate da cinque anni di austerity scriteriata.
E le difficoltà non mancano neanche dal punto di vista pratico: il ministro Tsakalotos ha sottolineato, in conferenza stampa, che la legislazione greca non permette al parlamento di votare delle misure che potrebbero essere applicate, in futuro, solo nel caso in cui si dovessero verificare determinate condizioni.
«È in limite che pone non solo la legge ellenica, ma anche quella francese», ha aggiunto. Tuttavia, Tsakalotos ha sottolineato che Atene sta collaborando con i creditori per cercare di trovare una via praticabile, che soddisfi le loro richieste, ma anche le esigenze greche. Per ora, le istituzioni creditrici chiedono che queste misure straordinarie da approvare e attuare in futuro, arrivino a 3,6 miliardi di euro. Cifra che corrisponde al 2% del prodotto interno lordo del paese. Uno dei problemi principali, riguarda il peso dei provvedimenti decisi lo scorso luglio, con il compromesso seguito al vertice europeo che ha scongiurato l’uscita della Grecia dall’Euro. Il governo di Alexis Tsipras e l’Europa ritengono che quanto pattuito nove mesi fa permetterà al paese di giungere, nel 2018, ad un avanzo primario del 3.5% del Pil. Il Fondo Monetario, invece, prevede che non si dovrebbe andare oltre l’1,5% e chiede nuovi interventi.
Un pessimismo che non viene suffragato, tuttavia, dagli ultimi dati: secondo quanto reso noto questa settimana da Eurostat, la Grecia, nel 2015, ha fatto registrare un avanzo primario dello 0.7%, mentre l’Fmi sinora continuava a parlare di disavanzo. Atene, in tutto ciò, spinge per poter chiudere questa fase e passare alla discussione sulla modalità per l’alleggerimento del debito pubblico del paese e l’Eurogruppo di ieri ha dato l’incarico a Dijsselbloem di verificare verso quale direzione ci si dovrà muovere.
La maggior parte dei paesi europei si pone a favore di un allungamento dei tempi di pagamento, senza un taglio netto dell’intero ammontare del debito. Tsipras e Tsakalotos, tuttavia, vogliono che venga mandato un segnale chiaro: che il paese non rischia e non rischierà di fallire, in modo da cercare di allontanare definitivamente avvoltoi e speculatori. A condizione, certo, che finalmente, sia il Fondo Monetario che Berlino si rendano conto che la stagione dell’austerità è finita, e che senza delle mosse coraggiose, è e sarà impossibile uscire dal pantano.
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