Migliaia di bandi e 330 milioni Torna il servizio civile (universale)
Possiamo iscrivere il ritorno del servizio civile nell’elenco delle buone notizie che ogni tanto serpeggiano nelle cronache italiane. Siamo all’ultimo valzer della tormentata legge che restituisce al volontariato il ruolo di laboratorio della coesione sociale, offrendo ai giovani la possibilità di integrare (con l’impegno quotidiano al servizio di persone con disabilità, anziani, emarginati o in difesa di beni culturali e ambientali) il percorso formativo tra lo studio e il lavoro. In questi giorni scadono i bandi per 3.184 volontari. Subito dopo si apriranno i portoni per quell’auspicato master di cittadinanza , come l’ha chiamato Ferruccio de Bortoli sul Corriere, che darà (si spera) a 100 mila giovani nel 2017 l’opportunità di creare una rete di sostegno alle fragilità del sistema.
Un’inversione di rotta che farebbe piacere a Franco Bomprezzi, indimenticato autore del blog Invisibili , citato più volte dal premier Renzi. Sul servizio civile Bomprezzi si è battuto come un leone per un ripensamento, consapevole del valore della donazione gratuita del proprio tempo e della propria fatica. È incredibile, ha detto nell’ultimo intervento al Festival del volontariato di Lucca due anni fa, come l’ottusità di certi calcoli contabili riesca ad avere il sopravvento sulle esperienze formative che educano all’altruismo e alla reciprocità.
Oggi non c’è azienda, banca, istituzione che non sia orientata a potenziare l’area del bene comune, non c’è assessore ai Servizi sociali che non si impegni nel migliorare la collaborazione tra pubblico e privato per garantire servizi non più sostenibili economicamente, non c’è scuola, azienda sanitaria, università che non cerchi di potenziare il settore delle humanities , buone pratiche, relazioni civili, valori positivi. «Senza i volontari coleremmo a picco», ammette Massimo Castelli, coordinatore nazionale Anci dei piccoli Comuni. Il volontariato, nelle sofferenze dei paesi alle prese con i tagli di bilancio, è diventato una spina dorsale, «fa parte del Dna che aiuta una comunità a sopravvivere». E con i volontari si riparte, dice Luigi Bobba, sottosegretario al Lavoro che tiene i fili della riforma del Terzo settore. «Intanto perché si ripristina il Servizio civile universale, aperto a tutti, compresi i cittadini stranieri ed extracomunitari. Poi perché il governo investe sulle giovani generazioni, infine perché è prevista la definizione dello status di volontario».
Un riconoscimento che non deve essere quello di un mestiere, ma che può favorire lo spirito di cittadinanza, spiega Bobba. Con una diaria da 420 euro al mese il governo rimette la naja sociale al centro di un sistema che, se riuscirà a essere aperto e trasparente, potrà dare benefici frutti. Comportarsi secondo le regole, apprezzare le diversità, rispettare l’ambiente, costruire la convivenza , secondo Milena Santerini, pedagogista dell’Università Cattolica di Milano, è il messaggio del volontariato civile. Coordinate che Bobba chiama «opportunità formative» contenute nella nuova legge. «Credo sia importante dare la possibilità del riconoscimento delle competenze acquisite negli otto o più mesi di servizio, in ambito scolastico e lavorativo. Nelle scuole ci sono progetti per l’integrazione sociale e l’abbattimento delle diversità».
Per essere una svolta, bisognerà vederla in pratica, misurarne gli effetti nel tempo, evitare di trasformare una risorsa solo in marketing politico. Servirà maggiore professionalità e meno improvvisazione, aggiunge Stefano Zamagni, economista attento al mondo del sociale. «La società ormai è fatta a triangolo: amministrazioni pubbliche, mondo delle imprese e organizzazioni della società civile. Il welfare è diventato circolare». Bobba è ottimista. La discussione della legge, alla Camera, è in corso. Migliaia di giovani aspettano i bandi e l’opportunità che si apre. L’investimento del governo è di 140 milioni per il 2016 e 190 per il 2017. Un aiuto arriverà anche dalle Fondazioni bancarie. Con un contributo aggiuntivo si potranno arruolare più giovani. Per rafforzare quel civismo di cui si sente spesso la mancanza e creare l’onda positiva che il Paese si attende. Pensando a Tocqueville e al modello americano, secondo cui le cose cambiano solo se te ne occupi, senza attendere aiuti di Stato, contando sulle tue forze per resistere al male e alle difficoltà della vita. I sociologi la chiamano resilienza, ma altro non è che la capacità di occuparsi di chi è in difficoltà, riparare un danno alla collettività, portare un contagio positivo contro le avversità. Fare della cittadinanza attiva un progetto Paese.
Giangiacomo Schiavi
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