Microsoft fa causa a Washington “Se spiati, gli utenti devono sapere”

Microsoft fa causa a Washington “Se spiati, gli utenti devono sapere”

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NEW YORK  Dopo la guerra tra Apple e Fbi, si apre quella tra Microsoft e il Dipartimento di Giustizia. Si allarga così il fronte che oppone i colossi dell’economia digitale all’Amministrazione Obama. Il tema: quale equilibrio tra il diritto alla privacy da una parte, gli imperativi della sicurezza nazionale e della lotta al terrorismo o al crimine dall’altra.

Microsoft fa causa al Dipartimento di Giustizia, denuncia la frequenza con cui polizia e autorità giudiziaria esigono di mettere le mani sui “nostri” dati: email e altro. Con in più, la richiesta- imposizione di tenere all’oscuro il cliente, quando i suoi dati personali sono violati. Solo nell’ultimo anno e mezzo, la multinazionale di Redmond-Seattle ha ricevuto 5.624 richieste di accesso ai dati dei suoi clienti, presentate dalle autorità federali. Quasi la metà (2.576) erano accompagnate da un ulteriore ingiunzione: non far sapere al cliente che c’è stata la “perquisizione digitale”. Microsoft sottolinea la differenza rispetto alle indagini di polizia nel mondo “fisico”: se gli inquirenti fanno irruzione a casa tua con un mandato di perquisizione, ti accorgi che la porta è aperta e i cassetti sottosopra. L’accusa di incostituzionalità prende di mira il divieto di informare il cliente quando i suoi dati sono stati violati. I legali dell’azienda chiamano in causa il Primo e il Quarto emendamento della Costituzione, che stabiliscono il diritto all’informazione e il dovere di avvisare i cittadini che subiscono perquisizioni.



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