Embargo e boicottaggi gli Stati “disuniti” d’America in guerra per i diritti dei gay

Embargo e boicottaggi gli Stati “disuniti” d’America in guerra per i diritti dei gay

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NEW YORK Un bollettino quotidiano ci aggiorna sulle sanzioni in difesa dei diritti umani. Il bersaglio non è più l’Iran, tantomeno Cuba, e neppure la Corea del Nord. Il Vermont castiga il North Carolina, San Francisco e New York colpiscono anche il Mississippi: divieti di viaggio, boicottaggi economici. Gli Stati Disuniti d’America si combattono come fossero di nuovo sull’orlo di una secessione. Separati su tutto: Stati liberal da una parte, conservatori dall’altra, convivono come dei separati in casa. L’ultima scintilla di questo conflitto l’hanno accesa North Carolina e Mississippi con nuove normative anti-gay. Si va dai regolamenti sulle toilette (sic: è vietato ai transgender “scegliersi il bagno pubblico secondo l’orientamento sessuale d’adozione, ognuno vada alla toilette secondo il sesso alla nascita”), al diritto di negare negli esercizi pubblici il servizio ai gay qualora questo offenda i valori religiosi dell’esercente. Altre norme impediscono di fare ricorso contro il datore di lavoro per discriminazione anti- gay. Tutte approvate in Stati del profondo Sud, con un elettorato fondamentalista, a maggioranza di destra. Fecero da pionieri il Texas e l’Indiana, ora North Carolina e Mississippi si sono spinti più avanti nella “restaurazione” anti-gay. In contraddizione con ciò che avviene a livello federale, dove i matrimoni gay sono legalizzati e perfino la Corte suprema (quando ancora aveva una maggioranza repubblicana) non trovò nulla da ridire.

Gli Stati liberal hanno deciso di reagire. Il governatore di New York Andrew Cuomo, insieme al sindaco della città Bill de Blasio, hanno «sospeso ogni viaggio di funzionari pubblici in North Carolina », l’equivalente di un embargo. Cuomo lo ha giustificato così: «Non starò a guardare mentre alcuni reintroducono le discriminazioni del passato». Sanzioni simili sono state annunciate dagli Stati del Vermont, Washington, Connecticut. Il governatore del Vermont Peter Shumlin è tassativo: «Nessuno dei nostri funzionari statali viaggerà in North Carolina». Categorico anche quello di Washington, Jay Inslee: «Il nostro Stato difende i principi di tolleranza, equità e non discriminazione». Diversi consigli comunali, da San Francisco e Seattle a Portland nell’Oregon, hanno varato le loro versioni dell’embargo: saltano viaggi scolastici, fiere, scambi culturali. Tra le vittime delle sanzioni le reazioni sono sdegnate, il governatore della North Carolina Pat McCrory sottolinea che «Il newyorchese Cuomo non si è fatto scrupoli quando andò a visitare Cuba, dove notoriamente i diritti umani sono calpestati».
La guerra dei boicottaggi coinvolge i privati: aziende, star, squadre sportive. PayPal ha cancellato per protesta l’investimento con cui doveva aprire un ufficio in North Carolina: vanno in fumo 400 assunzioni in quello Stato. Bruce Springsteen ha annullato un concerto. Diverse star del basket chiedono che la Nba tolga gli Stati reprobi dalla mappa della partite di campionato. La spaccatura che divide gli Stati progressisti (al Nord e sulle due coste) da quelli conservatori (Sud e parte del Midwest) è così profonda che riporta alla luce la “guerra valoriale” degli anni Sessanta.Le due Americhe non accettano neppure lo stesso patto sociale, fra Stati come California e New York che alzano il salario minimo a 15 dollari l’ora, e altri nel Sud che a stento applicano il vecchio minimo di 7,25. In quanto alla “libertà” di girare armati, neppure la Costituzione ha un’interpretazione univoca, tra New York e Houston.


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