Virgilio, la ministra Giannini prende le difese della preside sceriffo
Educare e punire. Una telefonata di solidarietà da Viale Trastevere fa uscire dall’angolo la discussa dirigente scolastica Irene Baldriga: “Un atto importante per la scuola italiana”. E ha ragione: nel liceo romano si sta giocando una partita importante
ROMA La ministra dell’Istruzione Stefania Giannini sposa il modello legge & ordine al liceo Virgilio di Roma. Silente dal 22 marzo, quando un diciannovenne è stato arrestato dai carabinieri della stazione Farnese per la vendita di 2.5 grammi di hashish a un altro studente minorenne, ieri è intervenuta a favore della preside Irene Baldriga, facendola uscire dall’angolo.
E la preside, sollevata, ha riconosciuto l’”importanza” di un gesto che legittima un modello educativo che si sta estendendo in molte scuole italiane: affrontare la diffusione della cannabis tra gli studenti con la loro criminalizzazione. Il risultato sarà probabilmente quello di provocare un costante aumento del consumo di sostanze di stupefacenti soprattutto da parte dei più giovani. Invece della prevenzione e del dialogo, educare e punire.
È il circolo vizioso del proibizionismo e della reaganiana “guerra alla droga” adattate alla scuola italiana. Su questo modello oggi si sta giocando una partita politica importante: legittimare l’idea che i conflitti con i presidi manager nella “Buona Scuola” di Renzi possano essere risolti con la polizia.
«La ministra Giannini ha ribadito l’impegno da parte del ministero sul fronte della prevenzione e dell’aiuto alle scuole” ha detto Baldriga. In mancanza di una dichiarazione diretta del ministro, la fonte è la discussa preside del Virgilio.
La “solidarietà” di Giannini è a un modello repressivo che, nei primi tre mesi del 2016, ha imposto la perquisizione degli studenti in decine di classi da Arzachena alla Brianza, da Pontedera a Teramo, da Udine a Marsala. Ormai si dà per acquisito che le forze delle ordine, con i cani anti-droga, possano entrare negli istituti a qualsiasi ora per effettuare operazioni come negli stadi, ad esempio. Nel modello “educare e punire” l’ora di educazione civica sarà sostituita con quella delle perquisizioni personali agli studenti-ultras e potenziali devianti.
Questo è il cuore del dibattito al Virgilio, diventato nelle ultime settimane il palcoscenico della politica scolastica. Prima un’interrogazione di Sinistra Italiana alla ministra Giannini sull’opportunità dell’arresto di un giovane in una scuola e su un corso anti-droga organizzato da una fondazione vicina a Scientology; poi un rosario di interventi delle destre scatenate con Meloni e Giovanardi. Poi il candidato sindaco a Roma Marchini e il sindacato di polizia Cosap. Ieri la lista “Noi con Salvini” ha organizzato un flash mob davanti all’istituto. Nemmeno l’associazione nazionale dei presidi ha fatto mancare l’appoggio al modello “educare e punire”. È stato promosso sui media, anche nazionali, il “caffé solidale” con la preside Baldriga.
L’offensiva è a tutto campo e va avanti come uno schiacciasassi. L’istituzione scolastica sembra avere rinunciato a ogni forma di mediazione e non intende recuperarla attraverso strumenti della partecipazione e del dialogo. Si aprono così nuovi scenari del controllo, dell’esibizione della forza e di una dura reprimenda contro i genitori degli studenti e del collettivo del Virgilio che criticano il modello securitario.
I genitori, rappresentati dalla lista maggioritaria “Insieme” in Consiglio di Istituto, ieri hanno rifiutato l’accusa di “essere conniventi con l’illegalità. Non abbiamo sentito nessun genitore difendere il consumo di droga, il fumo nella scuola. Ci siamo, invece, confrontati sulle metodologie più efficaci e stiamo ovviamente riflettendo su quello che è successo e come si sarebbe potuto evitare – continua il comunicato – preservando la specificità dello spazio educativo. È importante non fomentare i conflitti tra buoni e cattivi genitori o studenti”.
La posta in gioco in questo conflitto, pieno di emotività e di tensione, emerge nella lettera personale che Francesca Valenza, che fa parte della lista “Insieme” ha inviato ieri alla ministra Giannini: “La preside sceriffo che risolve tutto, ma che lascia indietro gli studenti, che non la seguono, che abbandonano la scuola, la repressione che dovrebbe risolvere il problema della droga. Gli studiosi dicono che questi metodi sono inefficaci e in Italia, più si aumenta la repressione più aumenta il consumo. Non staremo sbagliando qualcosa? – scrive – Qualcuno ha strumentalizzato con molta abilità questa faccenda squallida, a spese di una riflessione sana e utile alla comunità”.
“La scuola non può essere un luogo dove opera la forza pubblica – sostiene Angela Nava, presidente dell’associazione nazionale genitori democratici – Dobbiamo ragionare su quello che la scuola è, perché nel momento in cui si chiamano i carabinieri e la polizia vuol dire che si sta alzando bandiera bianca, chi lo fa segnala la sua impotenza. Come associazione Genitori Democratici pensiamo che la scuola possa essere un luogo invalicabile dove vivono concretamente pratiche e percorsi educativi e non meramente repressivi”.
“Educare con la repressione non è mai stata una strada da perseguire e non è per nulla efficace – sostiene il deputato di Possibile Pippo Civati – Al Virgilio si è assistito a una reazione eccessiva del dirigente scolastico che pensa di colmare un disagio facendo entrare la polizia a scuola e accusando i ragazzi e le famiglie di essere estremisti solo per aver contestato gli agenti nel liceo e l’uso eccessivo e disinvolto delle telecamere. Si torni al dialogo e si cerchino insieme gli strumenti per affrontare il tema senza irrigidirsi”.
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