by Carlo Lania, il manifesto | 3 Marzo 2016 9:16
ROMA Alla fine a prevalere è stata la realpolitik. Piuttosto che niente, meglio il ddl Cirinnà senza la stepchild adoption anche se alla stragrande maggioranza delle persone omosessuali non piace così come è uscito dal Senato. Il che non significa rinunciare ai propri diritti né ai propri desideri (che spesso coincidono). Per questo dopo alcune divergenze iniziali, sabato prossimo a piazza del Popolo a Roma il movimento lgbt manifesterà in maniera unitaria per ricordare al parlamento che la battaglia per il riconoscimento dei diritti è appena cominciata. «Ora basta. L’Italia laica alza la voce», è lo slogan della manifestazione indetta da oltre trenta associazioni lgbt tra le quali Arcigay, Arcilesbica, Agedo, Famiglie Arcobaleno, Circolo Mario Mieli e il Coordinamento Torino pride che sperano di vedere arrivare nella capitale almeno 30 mila persone.
L’unità che alla fine è stata raggiunta non era affatto scontata. Quando il Senato si preparava a votare le unioni civili la rabbia e la delusione per i compromessi raggiunti e per i giochi politici di Pd e M5S hanno provocato rabbia e delusione nella comunità lgbt, che ha subito indetto un Family gay di protesta. Ne è nata una prima piattaforma della manifestazione molto critica verso il testo approvato, al punto che erano in molti a chiederne il ritorno al Senato una volta finito l’iter alla Camera. Poi, con il passare dei giorni, è prevalso il pragmatismo. Anche perché sulla rete sono cominciate ad arrivare i commenti di chi vedeva riconosciuto per la prima volta il rapporto con i proprio partner. «Siano una coppia, e per la prima volta siamo riconosciuti, prendiamoci questa legge», il commento più diffuso. «Il movimento lgbt ha dato una prova di grande maturità», spiega la presidente delle Famiglie Arcobaleno, Marilena Grassadonia. «Sulla rabbia iniziale è prevalso il senso di responsabilità e attenzione per quello che comunque la legge può dare alle perone omosessuali. Anche se siamo molto critici, perché senza la stepchild adoption è una legge che non tutela i bambini».
Da qui il cambio di rotta che ha portato a una nuova piattaforma del Family Gay che punta soprattutto al rilancio della battaglia per i diritti, a partire dal matrimonio egualitario e dalla possibilità di adottare. «Al parlamento diciamo: questa legge ce la prendiamo anche se non ci piace e sbrigatevi ad approvarla», conclude Grassadonia.
Delusione comprensibile. Per sostenere il ddl Cirinnà molte persone omosessuali hanno scelto di rendere pubbliche le loro vite. Hanno raccontato le loro storie, mostrato i loro bambini, accettato di condividere vicende personali. Uno forzo vanificato dall’ostruzionismo scontato della destra, ma anche dall’incapacità del Pd di difendere la legge e dalle giravolte del M5S. E il dibattito di questi giorni su maternità surrogata e adozioni gay dimostra ancora una volta l’arretratezza che su certi argomenti regna anche a sinistra.
Per chi la organizza la manifestazione di sabato a Roma rappresenta quindi un importante punto di ripartenza. Sono previsti pullman da tutta Italia insieme ad alcuni treni (Italo ha confermato lo scontro del 30% già proposto in occasione del Family Day). Ieri sera si è tenuta l’ultima riunione per decidere la scaletta di interventi e le perfomance artistiche (è prevista la partecipazione di alcuni cantanti). Appuntamento, per tutti tranne che per i politici, alle 15 a piazza del Popolo. «La legge sulle unioni civili farà la sua strada come è giusto che sia», scrivono gli organizzatori. «Noi, dobbiamo continuare a fare la nostra e dobbiamo farlo ora».
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