“Ho il tumore e una tac fra 600 giorni”
LECCE «Ottobre 2017: quando ho letto la data in cui avrei potuto effettuare la Tac mi è crollato il mondo addosso: combatto da sei anni contro un tumore, a febbraio un esame ha riscontrato nuove macchie, avevo bisogno di un’analisi più approfondita ma ad ottobre dell’anno prossimo potrei essere morta». Santina Geusa non usa mezzi termini. La cinquantunenne di Campi Salentina, con la sua denuncia al Tribunale dei diritti del malato di Lecce, ha fatto esplodere il caso delle liste d’attesa infinite, anche per esami urgenti, nelle strutture pubbliche del Salento. Un fenomeno diffuso ormai in tutto il Paese, come abbiamo raccontato in un’inchiesta ieri su Repubblica.
Tempi che raggiungono anche i 500 giorni di attesa per esami importanti come una mammografia. «Raccontare è faticoso – dice Santina Geusa – ma spero che almeno possa servire a smuovere le acque».
Ha chiesto una tac addominale il 22 febbraio scorso, è stata fissata per il 20 ottobre 2017. Le Asl pugliesi dicono che spesso i tempi si allungano perché le richieste sono formulate in modo errate, nel suo caso l’urgenza era indicata nella richiesta?
«Certo. Era indicata sia per la malattia che ho, che per i nuovi problemi emersi di recente e che il mio oncologo voleva approfondire subito. A Forlì, dove sono in cura dal 2010, ho fatto la visita di controllo il 3 febbraio e il 9 la Pet, dalla quale sono risultate complicazioni. Per non restare a lungo lontana da casa ho deciso di fare la Tac a Lecce e ho prenotato in una struttura privata, al costo di 210 euro, per cercare di sbrigarmi in fretta. Quando mi sono recata a fare l’esame, il radiologo, venuto a conoscenza della mia allergia al mezzo di contrasto, non ha voluto effettuarlo perché la clinica è priva del reparto di Rianimazione. Perciò sono stata costretta a rivolgermi all’ospedale pubblico tramite il Cup, il centro unico di prenotazione ».
La Asl di Lecce sostiene però che lei ha rifiutato di effettuare la tac a giugno in strutture diverse dall’ospedale Fazzi.
«Mi è stata proposta la data del 3 giugno 2016 al presidio poliambulatoriale di Campi, ma non trattandosi di un ospedale è anch’esso privo della Rianimazione, quindi avrei corso gli stessi rischi che in una struttura privata. Se avessi dovuto mettere in pericolo la mia vita, tanto valeva fare subito l’esame dove avevo prenotato inizialmente. Altre date non me ne sono state proposte ».
Quindi si è rivolta al Tribunale dei diritti del malato e subito dopo è successo qualcosa.
«Ho denunciato la cosa e poi sono tornata alla Radiologia dell’ospedale insieme ai rappresentanti del Tribunale diritti del malato. Dopo insistenze, e vedendo la documentazione, è stata fissata una risonanza magnetica per l’8 marzo e il risultato non è stato buono. Subito dopo Pasqua tornerò a Forlì per sottopormi a un altro ciclo di chemioterapia, non oso pensare a cosa avrebbero trovato nel mio corpo se per avere questa nuova diagnosi avessi aspettato l’anno prossimo».
È la prima volta che le capita di prenotare una tac per una data così lontana?
«No, praticamente è successo ogni volta che dovevo fare controlli durante i cicli chemioterapici: quella che avrei dovuto fare a dicembre 2014 è slittata a marzo 2015, quella di settembre a fine novembre. Per sei anni non ho fatto altro che chiedere favori, ogni volta che ho dovuto effettuare una tac in una struttura pubblica del Salento. Ora sono stanca, curarsi è un diritto non una corsa ad ostacoli, io ho scelto di farlo in parte al Nord ma mi è costato soldi ed energie ed ora anche il mio fisico non ce la fa più».
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