Ora “Breaking the Silence” è accusata anche di «spionaggio»
Tutto è partito dalle registrazioni fatte in segreto da infiltrati del gruppo nazionalista Ad Kan. Yuli Novack, presidente di BtS: «assurdo accusarci di spionaggio, ogni nostra pubblicazione è autorizzata dalla censura militare»
GERUSALEMME «Il tentativo del primo ministro Netanyahu di chiudere la nostra organizzazione e di colpire soldati e combattenti che si oppongono all’occupazione (dei Territori palestinesi, ndr) deve preoccupare tutti coloro che guardano al futuro dello Stato di Israele». Non si è fatta attendere la replica di Breaking the Silence (BtS) all’avvertimento lanciato dal premier che, dopo un servizio televisivo trasmesso giovedì sera, aveva dichiarato che l’Ong che raccoglie le testimonianze di militari che «rompono il silenzio» su ciò che subiscono i palestinesi sotto occupazione, aveva passato un’altra «linea rossa». L’anno scorso BtS ha pubblicato un rapporto con decine di testimonianze sulle azioni delle forze armate israeliane durante l’offensiva “Margine Protettivo” del 2014 a Gaza, in cui sono rimasti uccisi oltre 2.200 palestinesi. «Le accuse di spionaggio che ci sono state rivolte sono assurde perchè tutte le nostre pubblicazioni sono sottoposte preventivamente alla censura militare», ha aggiunto Yuli Novack, presidente di BtS.
L’accusa di «spionaggio» nasce da un servizio mandato in onda da Canale 2 e costruito in gran parte con le immagini registrate in segreto da attivisti di Ad Kan, un gruppo nazionalista che si è dato il compito di «smascherare» presunte «attività illecite» della sinistra. Attività finalizzate, sostiene il gruppo, a passare informazioni all’estero poi utilizzate per mettere sotto accusa Israele. Il servizio mostra una infiltrata di Ad Kan che risponde a domande di un membro di Breaking the Silence che sembrano toccare aspetti operativi delle forze armate a ridosso di Gaza e in Cisgiordania. In un’altra registrazione, una attivista di BtS racconta di aver fatto il possibile per farsi assegnare, durante il servizio di leva, alla Amministrazione Civile (che per conto dell’Esercito “governa” i civili palestinesi nella zona C della Cisgiordania) in modo da conoscere meglio le politiche attuate dai comandi militari israeliani nei Territori occupati.
Per diversi esponenti del governo e della Knesset, quelle registrazioni dimostrerebbero il tentativo di ottenere informazioni riservate o segrete. E il ministro della difesa Moshe Yaalon ha ordinato l’avvio di indagini. «Coloro che raccolgono informazioni di questo tipo intendono danneggiare il proprio Stato con mezzi illegali, in un modo che ricorda lo spionaggio. L’affermazione secondo la quale quelle informazioni servirebbero a tutelare i diritti umani è una bugia», ha protestato la ministra della giustizia Ayelet Shaked, figura di spicco del partito ultranazionalista Casa Ebraica. Parole dure sono arrivate anche da Itzik Shmuli e Eitan Cabel, due deputati laburisti, mentre l’ex ministro Yair Lapid (centrista) ha accusato l’Ong «di provocare gravi danni al Paese, dentro e fuori». L’agenzia stampa dei coloni, Arutz 7, ha dato ampio risalto all’accaduto e ha colto l’occasione per attaccare il New Israel Fund – un fondo che assiste le Ong che operano nel campo dei diritti umani e del progresso sociale – “colpevole” di aver donato a Breaking the Silence tra il 2008 e il 2014, 699mila dollari.
Arutz 7 invece ha taciuto sui finanziamenti al gruppo di “intelligence” Ad Kan che, secondo l’inchiesta svolta nei mesi scorsi dal sito d’informazione Walla, sarebbe finanziato proprio dai coloni, forse con fondi pubblici. A inizio anno, sempre grazie ad infiltrati, Ad Kan aveva registrato le dichiarazioni fatte da un noto attivista della sinistra israeliana, Ezra Nawi, dell’associazione Tayyush che segue le attività di colonizzazione in particolare nel sud della Cisgiordania. Sulla base di quelle registrazioni, mandate in onda sempre da Canale 2, Ezra Nawi e un altro attivista di Tayyush furono arrestati con l’accusa di aver passato informazioni all’Autorità Nazionale di Abu Mazen sulla vendita di terreni arabi ai coloni, mettendo a rischio la vita dei palestinesi disposti a cedere le loro proprietà agli israeliani. La vicenda fece scalpore, per giorni i media israeliani non parlarono d’altro. I due arrestati però furono scarcerati poco dopo perchè non avevano commesso alcun reato.
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