Nasce la banca del Dna antiterrorismo
Ci sono voluti 7 anni, visto che la legge sulla banca dati dei Dna è del 30 giugno 2009, ma finalmente si passa dalle carte ai fatti. La cassaforte dei profili genetici di chi finisce in manette o viene condannato decolla. Ottima coincidenza in tempi di terrorismo, come dicono il Guardasigilli Andrea Orlando e il ministro dell’Interno Angelino Alfano, futuri responsabili della banca dati. Il Consiglio dei ministri ha licenziato ieri il regolamento attuativo. Ben 36 dettagliatissimi articoli, che hanno richiesto un lungo approfondimento per l’invasività del prelievo, su cui si sono pronunciati il Garante della privacy, il Comitato nazionale per la biosicurezza, il Consiglio di Stato.
PIÙ SICUREZZA
Nulla, leggendo il testo, sembra lasciato al caso, dalle modalità di prelievo, agli accessi, alla conservazione, alla consultazione, per finire alla distruzione dei singoli profili. Ma un fatto domina sugli altri. Dagli accordi in Europa che risalgono addirittura al 2008, proprio mentre riesplode il terrorismo e l’emergenza immigrazione è sempre più pesante, la banca dati dei Dna italiana potrà consentire un più rapido scambio di informazioni con gli altri Paesi. Orlando la considera «un passo fondamentale per aumentare la sicurezza dell’Italia». Alfano «un formidabile strumento nella lotta al terrorismo e all’immigrazione clandestina».
COS’È IL DNA E COME SI PRELEVA
Dna, il regolamento lo definisce così: «Acido desossiribonucleico, depositario dell’informazione genetica sotto forma di una sequenza lineare di nucleotidi, portatore dell’informazione ereditaria». Il prelievo viene fatto tramite un tampone strofinato e premuto nella parte interna delle guance oppure sulle gengive.
CHE COSA NASCE
Partono due strutture, la Banca dati del Dna che avrà sede al ministero dell’Interno presso la Criminalpol e il Laboratorio centrale che invece dipenderà dal ministero della Giustizia e sarà localizzato materialmente nel carcere di Rebibbia. Ad occuparsene sarà la Direzione dei detenuti che fa capo al Dipartimento delle carceri.
LA BANCA DATI
Qui saranno raccolti tutti i Dna prelevati, con possibilità di raffrontarli. Il software prevede un sistema binario. Ci sarà un primo livello utilizzato soltanto per le indagini svolte in Italia. Un secondo livello invece, com’è scritto nel regolamento, «sarà impiegato anche per le finalità di collaborazione internazionale». L’elenco di chi accede alla banca dati del Dna sarà conservato per 20 anni. Le procedure saranno molto rigide, «con profili di autorizzazione predefiniti», per soggetti già in possesso di «credenziali di e previo superamento di una procedura di autenticazione “forte” ».
IL LABORATORIO
Sarà la macchina operativa vera e propria dei Dna, la struttura dove saranno raccolti e organizzati i singoli reperti. Strutture robotizzate procederanno «all’accettazione, catalogazione, conservazione del campione biologico » e faranno le schedature. Anche in questo caso gli accessi sono regolati da procedure molto rigide per garantire sia la privacy che la sicurezza.
A CHI SI PRELEVA IL DNA
La legge del 2009 è molto chiara. L’articolo 9 dice che la polizia può procedere al prelievo del Dna su chi è finito in carcere o ai domiciliari, oppure su chi è già detenuto con una sentenza definitiva per un delitto non colposo. In pratica chiunque ha commesso un reato che superi i tre anni di pena, esclusi quelli tributari e finanziari.
DNA DEGLI SCOMPARSI
Per le persone scomparse, dopo la denuncia, sarà possibile il prelievo del Dna non solo sugli effetti personali, ma anche sui consanguinei qualora essi siano disponibili e accettino volontariamente di sottoporsi al prelievo.
QUANTO “VIVE” UN DNA
Il regolamento disciplina anche i tempi. Trent’anni per il Dna degli arrestati e dei condannati. Per gli autori di reati gravi, come quelli di mafia e terrorismo, gli anni di conservazione salgono a 40. Stesso tempo anche per chi commette più volte lo stesso crimine, cioè i recidivi. Per chi invece viene assolto da un’accusa la cancellazione del Dna schedato è immediata.
I VECCHI DNA
Oggi, presso le strutture dei carabinieri e della polizia, che però non sono consultabili a vicenda, esistono già circa 50mila Dna raccolti nel corso delle indagini. Il regolamento che adesso entra in vigore stabilisce che i “vecchi” profili genetici dovranno confluire tutti nella nuova banca dati ed essere sottoposti a una nuova riclassificazione.
VANTAGGI E PERICOLI
I vantaggi della mappatura del Dna sono scontati. In tempo reale le polizie potranno confrontare l’identità di un soggetto, con una circolazione di dati oggi impossibile, che ovviamente danneggia le ricerche e la possibilità di identificare dei criminali. Ma come per ogni massiccia schedatura, i pericoli sono legati a possibili usi distorti. Per questo il regolamento spende pagine e pagine sulle procedure di accesso. Il Garante della privacy, nel luglio 2014,ha fornito un lungo parere sia sulle modalità di acquisizione dei campioni, sulla consultazione, sulla garanzia di una definitiva distruzione.
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