Libia, guerra più vicina
Il Sabratha Media Center ieri per tutto il giorno ha continuato a diffondere particolari dell’uccisione e del ritrovamento dei corpi di Fausto Piano e Salvatore Failla. Impossibile accertarne la credibilità. Ad un certo punto ha riferito che i due tecnici della Bonatti sarebbero stati trovati con delle armi in pugno. In serata il resoconto più chiaro sullo scontro a fuoco con gli uomini dell’Isis fatto del presidente del Consiglio militare di Sabrata, Taher El-Gharably, che comunque non è stato in grado di confermare oltre ogni dubbio l’uccisione dei due italiani. In un primo momento, ha spiegato, i miliziani autori dell’attacco al covo dello Stato islamico nel sobborgo di Sorman, hanno pensato che due degli uccisi fossero siriani a causa della carnagione chiara. Poi hanno capito che potevano essere due degli italiani rapiti.
La morte di Failla e Piano sta fornendo nuove munizioni a chi in Italia spinge con forza per l’avvio di quell’intervento internazionale in Libia, ufficialmente contro l’Isis, di cui si parla da mesi e che vede in prima linea proprio il nostro Paese. Tra i politici che hanno già indossato l’elmetto c’è il presidente dei senatori di Forza Italia, Paolo Romani. “Quest’altro episodio – ha detto ieri commentando le notizie che arrivavano da Sabratha — riconferma l’assoluta gravità della situazione e la necessità ed urgenza di un intervento in quell’area del mondo per ristabilire le minime condizioni di convivenza civile, senza dimenticare ovviamente la difesa dei nostri importanti interessi economici”. Più chiaro di così. L’attesa di Romani comunque si annuncia breve perchè la portaerei francese “Charles De Gaulle” è passata ieri per il Canale di Suez. Proveniente dal Golfo, il fiore all’occhiello delle forze armate francesi punta al largo del litorale libico e imbarca gruppi combattenti.
La Marina francese in ogni caso già partecipa ad operazioni mirate in Libia. Il settimanale satirico Canard Enchainé, sempre ben informato, scrive che la fregata ‘Surcouf’ qualche settimana fa ha trasportato uomini delle forze speciali, che ha fatto sbarcare in mare, a un chilometro dalla costa libica. La missione, sempre secondo il settimanale francese, avrebbe avuto lo scopo di sostenere le truppe dell’Esercito nazionale libico, agli ordini del generale Khalifa Haftar, impegnate in combattimenti contro miliziani legati all’Isis e altre formazioni jihadiste. Qualche giorno fa era stato Le Monde a svelare la «guerra segreta di Parigi in Libia», mentre fonti libiche avevano parlato di forze speciali francesi schierate a Bengasi.
E pronta a scendere in campo è l’Italia, in qualsiasi momento, anche se Renzi continua a ripetere che prima serve la nascita di un esecutivo nazionale libico e la fine della frattura tra il governo di Tripoli e quello di Tobruk. Una delegazione del Parlamento di Tobruk ha raggiunto la capitale libica per avviare colloqui per la riconciliazione ma restano modeste le possibilità di arrivare in tempi stretti alla formazione di governo di unità nazionale presieduto dal premier Fayez al Sarraj. Diversi attori continuano ad opporsi, a cominciare dall’uomo forte, il generale Khalifa Haftar, uomo della Cia per molti anni e ora alleato di ferro dell’Egitto. Al Cairo sarebbero in corso negoziati informali tra le parti libiche per arrivare ad una soluzione di compromesso che permettà a Haftar di restare a capo dell’Esercito senza avere incarichi di governo. A limitare le aspirazioni di Haftar è la battaglia ancora in corso a Bengasi tra i suoi uomini e i miliziani dell’Isis. Il generale aveva promesso di chiuderla vittoriosamente in poco tempo.
Comunque si andrà alla guerra, con o senza la foglia di fico del consenso di un governo libico. L’Italia è pronta a guidare la “missione in Libia” e, rivelava un paio di giorni fa il Wall Street Journal citando fonti Usa, a Roma già esiste un “centro di coordinamento alleato” che comprende oltre ai comandanti militari americani anche quelli di Francia e Gran Bretagna e, naturalmente, dell’Italia che da mesi, ha detto al Wall Street Journal il generale Donald Bolduc, comandante delle Forze speciali Usa in Africa, preparano un piano per un secondo intervento in Libia. Militari stranieri sarebbero già presenti anche a Tripoli. Mosca per ora osserva da lontano ma nel frattempo lancia un allarme: in Libia è reale il pericolo che gli uomini di Abu Bakr al Baghdadi, il califfo dello Stato islamico, possano ricorrere all’uso di armi chimiche. I jihadisti potrebbero tentare di mettere le mani sulle 700 tonnellate di agenti chimici che l’Opac stima si trovino nel Paese nordafricano.
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