La pilota nazionalista ucraina condannata a 22 anni di carcere
Una pilota ucraina condannata a 22 anni di carcere dalla Russia e trattata come una eroina dall’occidente, mentre si omette il particolare della sua appartenenza a uno dei battaglioni neonazisti accusati da Amnesty di crimini di guerra; 10mila nuovi soldati mobilitati da Kiev e un incontro organizzato domenica scorsa dalla comunità Lgbt di Leopoli attaccato da gruppi di destra. L’Ucraina torna alle cronache attraverso i filtri consueti di una guerra che non è stata solo colpi d’artiglieria e vittime (tante) ma anche propaganda, comunicazione, indirizzamento di contenuti e ragioni.
E rieccoci: l’abilità della propaganda di Kiev, contro quella russa. La meschinità dei neonazisti, contro l’ottusità di un tribunale di Rostov. Il tentativo, proprio nelle zone più conservatrici e nazionaliste del paese, di aprire uno spiraglio per la comunità omosessuale e la risposta della destra più radicale. E sullo sfondo i soldati mobilitati.
L’Ucraina, per come la conosciamo da qualche tempo, è – quasi – tutta qui.
Partiamo dalla vicenda della pilota che da oltre un anno è blindata in un carcere russo.
La 34enne Nadia Savchenko – ormai nota alla cronache come la «top gun» ucraina – è stata condannata da un tribunale russo a 22 anni di reclusione, con l’accusa di aver fornito le coordinate affinché il mortaio ucraino uccidesse due giornalisti russi nella regione di Lugansk nel Donbass, la porzione separatista dell’Ucraina. Savchenko ha già trascorso un anno e nove mesi in carcere, l’accusa chiedeva 23 anni di prigione. Il tribunale russo di Rostov sul Don – inoltre – ha respinto la versione della difesa secondo cui la «top gun» ucraina sarebbe stata rapita dai separatisti del Donbass e portata in Russia. Secondo il giudice, la militare avrebbe invece attraversato illegalmente il confine russo-ucraino.
Al termine dell’udienza, che durava da due giorni, l’elicotterista ucraina ha cantato l’inno nazionale, cui hanno fatto seguito srotolamenti di bandiere ucraine da parte del pubblico, cui hanno reagito i russi presenti protestando e dando vita a tafferugli. Nadia è diventata una sorta di eroina e mito ucraino ai tempi della guerra del Donbass; la sua è un’epica che unisce Kiev all’Occidente nel sorvolare sull’appartenenza di Nadia al battaglione Aidar, composto da neonazisti e colpevole, secondo Amnesty, di crimini di guerra.
Il fatto non significa che Nadia debba essere automaticamente considerata colpevole di quanto le attribuisce la Russia, ma rende l’idea della complessità della situazione, delle sfumature volutamente, o meno, ignorate.
Per capire di cosa stiamo parlando, basti pensare alle reazioni dei due governi. Secondo le agenzie, la Russia avrebbe «aperto» alla possibilità del ritorno di Nadia Savchenko in Ucraina in cambio del rilascio di detenuti, prigionieri o di altre condizioni, chiedendo però canali nel quadro di contatti politici, diplomatici e non sulla base di questioni legali. L’Ucraina, ha precisato l’agenzia di stampa Interfax, «ha qualcosa da offrire alla Russia». Poco prima, il presidente ucraino Petro Poroshenko aveva confermato la disponibilità di Kiev a rilasciare i due militari russi fermati nel Donbass, ovvero Evgeny Yerofeyev e Alexander Aleksandrov, in cambio della liberazione di Savchenko.
Il bisettimanale russo Novaya Gazeta ha intervistato il funzionario dei servizi di sicurezza ucraini dei servizi segreti, incaricato di negoziare con la Russia scambi di prigionieri. Secondo il funzionario, Mosca avrebbe chiesto la concessione di un corridoio commerciale verso la Crimea. Kiev ha quindi escluso la possibilità di uno scambio fra Savchenko e i due militari russi del Gru (i servizi militari) perché, ha sottolineato, «la Russia vuole di più». Nadia Savchenko dal canto suo ha annunciato che inizierà un nuovo sciopero della fame e della sete tra dieci giorni: lo ha fatto sapere uno dei suoi avvocati, Nikolai Polozov: «Abbiamo provato a convincerla a cambiare idea, ma lei resta ferma nelle sue intenzioni», ha dichiarato il legale della militare.
Infine, il presidente ucraino Petro Poroshenko ha chiesto che siano introdotte «sanzioni individuali, sia ucraine che internazionali», contro «tutte le persone coinvolte nei processi contro Nadia Savchenko, Oleg Sentsov e altri cittadini ucraini, patrioti ucraini presi in ostaggio e che vengono torturati illegalmente in territorio russo».
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