by Michele Giorgio, il manifesto | 13 Marzo 2016 16:57
È una risoluzione destinata ad approfondire la frattura tra Paesi arabi e tra sunniti e sciiti, quella adottata venerdì dai ministri degli esteri della Lega araba che proclama il movimento sciita libanese Hezbollah “organizzazione terroristica”. Un passo compiuto su pressione dell’Arabia saudita e che segue una decisione analoga presa dieci giorni fa da Riyadh e dalle altre monarchie del Consiglio di Cooperazione del Golfo. Libano e Iraq si sono astenuti, l’Algeria ha espresso “riserve”. La risoluzione sancisce la trasformazione definitiva della Lega araba in un giocattolo nelle mani delle petromonarchie, lontano dal rappresentare gli interessi di tutti gli Stati membri. Certo, la Lega araba aveva già smesso da lungo tempo di essere una istituzione con un peso politico e diplomatico significativo. Divisioni profonde non sono mancate in passato – è sufficiente ricordare il via libera all’attacco americano contro un Paese membro, l’Iraq, nel 1991 – ma i contrasti fino a qualche anno fa erano frutto di interessi divergenti dei vari Stati. Invece oggi la divisione si manifesta su questioni religiose, come lo scontro sunniti-sciiti mascherato dalla neccessità di rispondere alla “minaccia del nemico Iran” al mondo arabo.
Non avendo avuto la meglio in Siria, Riyadh ora prende di mira organizzazioni avversarie, ovviamente sciite, schierate con Damasco e il presidente siriano Bashar Assad. La monarchia Saud non tiene in alcun conto, anzi guarda con rabbia, che proprio Hezbollah sta affrontando sul terreno, subendo pesanti perdite, i miliziani dello Stato Islamico e di altre formazioni jihadiste e qaediste. Qualche ora dopo il voto alla Lega araba, combattenti di Hezbollah hanno respinto assieme ai soldati libanesi una infiltrazione di jihadisti dell’Isis nella zona di Ersal.
Dopo il voto della Lega araba, il movimento sciita ha scelto una linea di basso profilo, lasciando al suo segretario generale Hassan Nasrallah di commentarlo nel suo prossimo discorso. Un atteggiamento che non basta a placare lo scontro politico in Libano riesploso dopo le decisioni prese dall’Arabia saudita e dal Ccg. Le formazioni che fanno riferimento al “Fronte 14 marzo”, guidato dall’ex premier Saad Hariri, cercano di approfittare delle pressioni su Hezbollah per riguadagnare il terreno perduto. Il movimento sciita, già condannato dai partiti avversari per aver inviato i suoi uomini a combattere in Siria dalla parte di Bashar Assad, ora viene rimprovato di aver incrinato le relazioni tra Libano e Arabia saudita al punto da indurre Riyadh a congelare i fondi per 4 miliardi di dollari promessi alle forze armate libanesi. E nel governo, di cui Hezbollah fa parte a pieno titolo, diversi ministri rimproverano al responsabile degli esteri, Gebran Bassil, di non aver approvato la risoluzione della Lega e di aver scelto l’astensione contro il “consenso arabo”.
Accanto alle conseguenze in Libano del voto contro Hezbollah prima delle monarchie del Golfo e poi della Lega araba, occorre mettere anche quelle prevedibili nella regione. L’isolamento del movimento di Hassan Nasrallah da parte di quasi tutti i Paesi arabi potrebbe spianare la strada al nuovo conflitto tra Israele e Hezbollah di cui si parla da tempo. Il giornale di Beirut as Safir ieri lo rimarcava in un articolo in prima pagina. Tel Aviv percepisce che Hezbollah è più vulnerabile, anche perchè impiega 5 mila uomini scelti (un quarto della sua forza combattente) in Siria. Amos Harel, analista militare del quotidiano Haaretz, ha scritto qualche giorno fa che l’aviazione e l’esercito di Israele stanno sincronizzando le loro operazioni per sconfiggere Hezbollah in una guerra di breve durata. «Sebbene il più probabile scenario di un escalation a breve termine riguardi i tunnel provenienti dalla Striscia di Gaza – ha spiegato Harel – il principale nemico contro cui i militari si stanno preparando è Hezbollah…Il pesante bombardamento nel 2014 del quartiere di Shujaiyeh durante la guerra di Gaza sembra essere un’anticipazione della prossima guerra».
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