by Roberto Ciccarelli, il manifesto | 17 Marzo 2016 8:58
I dati dell’Osservatorio sul precariato alzano il velo sul Jobs Act di Renzi: la bolla occupazionale creata dal governo con 12 miliardi di euro in tre anni inizia a sgonfiarsi. Poletti: «Il calo era prevedibile, ma il saldo tra assunzioni e cessazioni resta positivo». Fuori dal perimetro del lavoro dipendente continua il boom dei voucher
Ridotti gli incentivi, crollano le assunzioni. Senza gli sgravi contributivi garantiti dal governo Renzi alle imprese, a gennaio le assunzioni sono crollate del 23% rispetto all’anno precedente (120 mila unità) e del 18% (94 mila unità) rispetto al gennaio 2014. Secondo l’Osservatorio sul precariato dell’Inps, il calo degli incentivi – tagliati da 8.060 euro del 2015 agli attuali 3250 euro – ha inciso negativamente sui contratti a tempo indeterminato con meno 70 mila unità, pari a -39% rispetto a gennaio 2015. Rispetto al gennaio 2014 risultano 50 mila contratti in meno (-32%).
Sembra essersi dunque rovesciata la tendenza imposta dalla droga degli incentivi al mercato del lavoro che nel 2015 ha fatto registrare un saldo positivo tra assunzioni e cessazioni dei contratti pari a 563 mila posizioni lavorative, mentre nel 2014 era risultato negativo per 47 mila posizioni. Quest’ultimo dato conferma l’effetto dopante degli incentivi alle imprese che il governo ha rovesciato sul mercato del lavoro e ha usato politicamente per dimostrare l’esistenza di una crescita provocata dalle norme contenute nel Jobs Act.In generale il numero delle assunzioni è stato di 5 milioni e 527 mila con un incremento di 655 mila unità rispetto al 2014 (+13%). Le assunzioni a tempo indeterminato sono passate da 1 milione e 274 mila nel 2014 a 1 milione e 934 mila nel 2015, con un incremento di 660 mila unità (+52%).Quest’ultimo dato è stato valorizzato in ambienti del governo e del partito di maggioranza, il Pd. Per il ministro del lavoro Giuliano Poletti «il calo dei contratti era «prevedibile, ma il saldo resta positivo. Nonostante un calo nel saldo tra assunzioni e cessazioni si registra ancora un attivo». È la prima volta che il governo ammette l’esistenza di questa dinamica. Il dato importante è il nesso tra la decontribuzione e le assunzioni. Di questo passo basterà attendere la fine degli incentivi e la contrazione del saldo per avere la conferma. Sempre che il governo non se ne accorga prima.
«L’esonero contributivo triennale, introdotto dalla legge di stabilità 2015, risulta avere avuto un effetto determinante sull’incremento dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato – conferma l’Inps – Su 2,5 milioni di attivazioni di posizioni di lavoro a tempo indeterminato, oltre 1,5 milioni, pari al 62% del totale, risultano beneficiarie degli sgravi triennali». Come analizzato su Il Manifesto, l’aumento dei contratti stabili a dicembre 2015 pari a 380 mila rapporti di lavoro – la maggior parte dei quali trasformazioni dei vecchi contratti già esistenti – è stato provocato da una «coda» degli incentivi del 2015. A conferma della tendenza il boom pari a 11 volte la media dei mesi precedenti (pari a 106 mila rapporti di lavoro) e, poi, il crollo registrato.
«Finché il tempo indeterminato aveva un costo pari a zero in termini di contributi, le aziende hanno assunto. Oggi che il costo è risalito, si assiste alla frenata» ha commentato il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy. L’interpretazione dei dati è diventata una nuova occasione per polemizzare nel Pd. Per il senatore della minoranza Pd Miguel Gotor: «I contratti finora sono aumentati non grazie al Jobs Act, come veniva detto, ma per l’effetto del sostegno economico alle imprese». Oltre il Pd, il Movimento 5 Stelle attacca il Pd: «Il lieve incremento dell’occupazione è stato drogato dagli sgravi. La misera crescita del 2015 non dipende dal governo, ma da fattori esterni che vanno declinando. Le menzogne cominciano ad essere smascherate dai dati reali».
Fuori dal perimetro del lavoro dipendente, un altro mondo: i voucher. E su questo non ci sono interpretazioni: c’è la realtà di un boom incontrollato. Quello del nuovo lavoro precario e l’istituzionalizzazione del lavoro nero. La crescita è continuata anche a gennaio dove sono risultati venduti 9,2 milioni di buoni del valore nominale di 10 euro per pagare prestazioni di lavoro accessorio. L’incremento medio nazionale, rispetto al gennaio 2015, è stato del 36%. In una risposta a un’interrogazione alla Camera ieri Poletti ha ipotizzato: «sembra che una parte dei lavori a chiamata siano stati sostituiti da questa situazione». Ipotesi verosimile.
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