Iraq, gli Usa preparano l’offensiva “Presto riprenderemo Mosul”
LA sofferenza di Mosul potrebbe finire, e non in un futuro lontano: il Pentagono ha garantito l’impegno americano nell’offensiva per liberare la città. La gente di Mosul non è stata dimenticata: gli sfortunati che non sono riusciti a scappare e che da quasi due anni vivono l’incubo dello Stato Islamico devono essere salvati. E la riconquista del capoluogo della provincia di Ninive, trasformata dagli uomini di Daesh in seconda capitale del Califfato, ha un altissimo valore simbolico. Per riprenderla gli americani chiedono l’impegno di tutti gli alleati, compresi gli italiani, a cui verrà affidata la sorveglianza e la difesa della diga sul Tigri che sarà ristrutturata da una ditta italiana.
Il primo ministro iracheno Haider al-Abadi ha parlato di inizio offensiva entro marzo, fonti militari citate dal New York Times sottolineano che le truppe irachene sono ormai pronte, secondo gli standard del Pentagono. Gli uomini di Daesh hanno subito perdite significative in terra siriana e i collegamenti fra Mosul e la loro capitale, Raqqa, sono compromessi, sottolinea il segretario alla Difesa Ashton Carter. E il capo di Stato maggiore Joseph Dunford conferma che la preparazione va avanti. Insomma, è questione di qualche settimana appena. Ma non sarà facile.
L’esperienza di Sinjar, che i jihadisti hanno riempito di trappole esplosive e kamikaze prima di abbandonarla attraverso i tunnel, insegna. In più, Mosul è la seconda città dell’Iraq, ancora densamente popolata nonostante la fuga in massa del giugno 2014. E le truppe irachene, a cui toccherà l’avanzata, non sono particolarmente addestrate alla guerra in ambito cittadino. Se la capitale degli yazidi è stata liberata dopo un massiccio impegno della coalizione, con bombardamenti continui, questo ovviamente non potrà succedere a Mosul. Gli uomini di Al Baghdadi sono di fatto protetti da oltre un milione di scudi umani. Il sostegno dall’aria sarà con tutta probabilità limitato agli elicotteri d’attacco, una scelta che ancora il governo iracheno non ha sollecitato.
In più le formazioni curde, a cui l’Occidente ha delegato l’impegno sul terreno, non sembrano disponibili a perdere vite umane nella riconquista di quella che considerano “una città araba”, anche se con una fetta di popolazione curda. E il governo di al-Abadi non vuole proprio che l’iniziativa resti in mano dei curdi, fedeli alle autorità locali di Erbil e meno “allineate” con Bagdad. Dunque la responsabilità maggiore sarà nelle mani dei soldati iracheni, che Washington spera siano motivati a cancellare la vergogna del 2014, con la fuga di 30 mila militari — in grande prevalenza sciiti — davanti ad appena 1.500 integralisti. Gli Stati Uniti confidano che a questo possano servire le pesanti “iniezioni” di militari sunniti, addestrati dalle forze occidentali. E il governo di al-Abadi sembra ansioso di dimostrare che la fiducia è ben riposta, nel momento in cui parte l’offensiva anche a nord della capitale, concentrata nella zona di Samarra e Baiji. Sugli equilibri interni di Bagdad incombe anche la pressione delle milizie sciite autonome, guidate dall’imam Moqtada al Sadr, protagonista in passato della “battaglia dei ponti” contro il contingente italiano a Nassiriya. Le milizie sciite, protagoniste di abusi nelle città riconquistate, sono temute anche a Mosul: il consiglio provinciale della città, in esilio ad Alqosh, ha già chiesto che alla battaglia di riconquista non partecipino gli sciiti di Hashd al-Shaabi, un gruppo considerato protagonista di violenze settarie.
Nello scontro, ha annunciato il Pentagono, anche la ciber- guerra avrà un ruolo significativo: i jihadisti non sempre usano strutture di comunicazione militare criptate o dedicate, e spesso si affidano alla rete cellulare per scambiarsi informazioni e mappe, arrivando persino a farle trapelare sui social network. Se finora questa debolezza veniva usata per intercettare le comunicazioni, uno scenario di combattimento potrebbe comprendere l’oscuramento dei canali, o persino la diffusione di informazioni volutamente sbagliate.
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