Failla, l’ira della moglie ecco l’ultima telefonata “Aiutami, sono solo”
«Sono Salvo, aiutatemi». I rapitori di Salvatore Failla, uno dei due tecnici uccisi in Libia, telefonarono il 13 ottobre alla moglie Rosalba. E le fecero ascoltare la voce registrata del marito. Uno dei rapitori, inoltre, parlava italiano. Caso Regeni, appello di Mattarella: «Fare luce».
«Ciao sono Salvo…». I rapitori di Salvatore Failla, uno dei due tecnici uccisi in Libia, telefonarono il 13 ottobre scorso alla moglie Rosalba. E le fecero ascoltare la voce registrata dell’ostaggio che tenevano segregato da quasi tre mesi. Un audio drammatico che la vedova ha deciso di rendere pubblico a sorpresa, nel corso di una conferenza stampa tenuta con le figlie Erica ed Eva. «I miei compagni li hanno portati via, io sono rimasto solo e ho bisogno di cure mediche. Parla con giornali e tv, muovi tutto quello che puoi muovere »: sono queste le parole del messaggio di Failla fatto sentire a Rosalba Castro due volte. Mentre lei, la moglie dell’ostaggio poi ucciso, chiese al rapitore che si sforzava di parlare in italiano di poter dialogare direttamente con Salvatore e gli domandò invano dove fossero i compagni di prigionia Gino, Fausto e Filippo.
Una testimonianza che arriva come un nuovo atto d’accusa al governo nel giorno in cui il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni garantisce che «non è stato pagato alcun riscatto per gli ostaggi liberati » e nega l’ipotesi di un intervento in Libia: «Il governo non si farà trascinare in avventure inutili e perfino pericolose». Dal paese africano rimbalza però la propaganda dell’Is: il nuovo capo dell’organizzazione in Libia, Abdel Qader Al-Najdi, in un’intervista al settimanale jihadista Al- Naba, parla di «preparativi per la creazione di una nuova coalizione di crociati finalizzata a condurre una guerra contro l’Is» e aggiunge che «i suoi Stati principali sono Francia, Gran Bretagna e Italia». La guerra al passerebbe anche da un archivio con 22.000 nomi di jihadisti di 51 Paesi: l’ha fatto trapelare nella redazione di Sky news un pentito nelle file dell’Is. La lista, se autentica, potrebbe diventare una miniera d’informazioni.
Nella notte le salme di Salvatore Failla e Fausto Piano sono rientrate in Italia. Precedute dallo sfogo della vedova e di una delle figlie dell’ostaggio siciliano. Determinate a rivelare ciò che, spiegano, finora non hanno potuto dire per non compromettere la liberazione: «Non ci hanno aiutato a riportarlo a casa. Ci hanno detto di non fare scalpore. Ma non è servito a nulla». Rosalba Failla rivela che, dopo la chiamata del 13 ottobre, la Farnesina le consigliò di non rispondere più al telefono: «E ora mi sento in colpa». L’ira della famiglia è generata anche dall’autopsia fatta in Libia sul cadavere di Salvatore Failla: «Avevano assicurato che non l’avrebbero eseguita», ripete la vedova. Mentre la figlia racconta di aver saputo dai familiari di Piano, a loro volta informati dal ministero, che «i rappresentanti italiani in Libia sono stati costretti a consegnare i corpi per le autopsie sotto la minaccia di armi». Di certo, afferma il legale Francesco Caroleo Grimaldi, l’autopsia svolta a Tripoli, seppur alla presenza di un medico italiano, «non dà alcuna garanzia. Anche solo lavare un corpo impedisce di risalire alla verità». E Rosalba Failla conclude la sua disperata requisitoria contro le istitizioni ribadendo quanto già detto a Repubblica: «Non voglio funerali di Stato».
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Un’altra vittoria del War Party
Il War Party (WP), il partito transnazionale della guerra, ha iscritto nel suo albo d’oro un altro successo: la guerra di Libia. Decisa dalla Cupola del potere – il massimo organo dirigente la cui composizione è segreta, ma di cui, si sa, fanno parte i delegati dei più influenti gruppi multinazionali e finanziari e dell’apparato militare-industriale – è stata magistralmente condotta dalla Segreteria transnazionale, fomentando e armando la dissidenza interna (attraverso agenti segreti e commandos infltrati) così da farla apparire una «rivoluzione».