by Angelo Mastrandrea, il manifesto | 29 Marzo 2016 9:42
BRUXELLES È stato scarcerato con non pochi imbarazzi Fayçal Cheffou. Non sarebbe lui l’«uomo col cappello» che accompagnava i fratelli el Bakraoui la mattina degli attentati di Bruxelles. «Gli indizi che avevano portato all’arresto di Cheffou non sono stati supportati dall’evoluzione dell’istruttoria in corso. Di conseguenza, l’interessato è stato rimesso in libertà dal magistrato», ha scritto la procura in un comunicato. Niente conferenze stampa, stavolta, per giustificare l’ennesimo errore investigativo, che appare figlio, stavolta, dell’esigenza di recuperare la figuraccia di non aver saputo prevenire gli attacchi e di dare una risposta immediata all’opinione pubblica.
La stessa procura chiederà l’estradizione dell’algerino arrestato domenica per strada a Bellizzi, un comune del salernitano alle porte di Battipaglia, nella piana del Sele. Djamal Eddine Ouali sarebbe collegato alla cellula di Molenbeek e avrebbe fabbricato passaporti usati anche da Salah Abdeslam, l’ex “primula rossa” degli attentati di Parigi del 13 novembre. Le autorità starebbero appurando se abbia fornito documenti anche agli attentatori del 22 marzo. Ma anche questo arresto potrebbe risultare un errore. Oual, 40 anni, detenuto in isolamento nel carcere di Salerno, sarebbe ricercato dal 6 gennaio, ma è stato arrestato in maniera poco consona a un superlatitante.
L’uomo ha infatti accompagnato sua moglie, incinta, all’ufficio immigrazione della Questura per chiedere un permesso di soggiorno per motivi di salute per lei e un altro per lui, in modo da poterla assistere. I poliziotti lo hanno riconosciuto, dopo una serie di comparazioni, e domenica pomeriggio è scattato il blitz della Digos a una fermata del bus. Ouali si è dichiarato innocente, ma quel che colpisce ulteriormente è che a difenderlo è sceso in campo perfino il sindaco della cittadina salernitana, Domenico Volpe, che non ha escluso un «furto d’identità» ai danni dell’algerino.
La catena di errori non si ferma qui. La tv di Srato greca Ert ha rivelato che le autorità greche avevano trasmesso a quelle belghe tutti i risultati delle perquisizioni di gennaio 2015 nell’appartamento di Abbaoud ad Atene, grazie alle quali furono ritrovate mappe e disegni dell’aeroporto di Zaventem. Secondo Ert, le autorità greche avevano convenuto con quelle belghe di procedere insieme alle perquisizioni dell’appartamento di Pagrati, dove Abbaoud aveva vissuto a gennaio 2015. Ma la collaborazione è saltata e i belgi hanno chiesto ai greci di procedere da soli. Con quali risultati è sotto gli occhi del mondo.
L’ennesimo pasticcio riguarda invece la presunta minaccia alle centrali nucleari. Secondo un esperto interpellato dall’agenzia di stampa russa Tass, l’obiettivo della cellula jihadista sarebbe stato quello di entrate in possesso di isotopi radioattivi per creare «bombe sporche» piuttosto che organizzare un attacco a una centrale nucleare. Secondo l’esperto, i terroristi «stavano spiando il capo della ricerca nucleare belga» proprio per questa intenzione. L’idea dell’attentato alla centrale, come riportato da alcuni media, non avrebbe invece senso perché gli impianti di questo tipo hanno standard di sicurezza «molto alti» e gli esplosivi di tipo rudimentale usati dalla cellula di Bruxelles non avrebbero potuto causare danni «significativi». Al contrario, «bombe sporche» esplose nel centro delle città avrebbero causato un «disastro».
Proprio isotopi radioattivi produce la Ire di Fleurus, dove lavorava Didier Prospero, l’agente di sicurezza ucciso giovedì scorso al quale sarebbe stato sottratto il badge (ma il furto è stato smentito e l’omicidio è stato catalogato come un furto finito male). L’agente lavorava per la G4S Belgio, filiale di una grossa multinazionale che opera nei servizi di sicurezza in tutto il mondo, finita nel mirino di una interrogazione alla Commissione Ue, nel 2011: l’europarlamentare irlandese Nessa Childers (Socialisti democratici) voleva sapere perché proprio a quest’ultima era stato assegnato un contratto per i servizi di sicurezza degli edifici della Comunità europea in Belgio, essendo risultato che la stessa ditta forniva attrezzature e servizi di sicurezza per le carceri della Cisgiordania occupata, per la polizia israeliana lì operante e anche per l’esercito israeliano che presidia i varchi del muro di separazione dichiarato illegittimo dalla Corte di giustizia internazionale.
In questo scenario si innesta la revoca del badge e l’allontanamento di undici dipendenti della centrale nucleare di Liegi. Non è una novità. Già nel 2013 un tecnico che lavorava presso la centrale nucleare di Doel fu licenziato formalmente per diverbi con un superiore, in realtà perché si scoprì essere il cognato di Azzedine Kbir Bounekoub, un noto jihadista aggregatosi all’Isis nel 2012.
(ha collaborato Giorgio Ferrari)
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