Ankara alza la posta “Altri 3 miliardi dalla Ue per fermare i migranti”
BRUXELLES A sorpresa Ahmed Davutoglu arriva a Bruxelles e disfa un accordo che per settimane i leader dell’Unione avevano pazientemente confezionato. Il premier turco sfrutta la debolezza degli europei, soprattutto di Angela Merkel, quanto mai bisognosi di un’intesa per mettere una prima pezza all’emergenza migranti. E così quello che doveva essere un vertice rapido e dall’esito scontato si è trasformato in una nuova maratona negoziale terminata poco prima dell’una di notte: per evitare la clamorosa rottura gli europei stringono un accordo preliminare con Ankara da rifinire nei prossimi giorni e chiudere al summit del 17 marzo.
Le attese della vigilia erano chiare: Davutoglu dopo i 3 miliardi stanziati dall’Unione per aiutare la Turchia a gestire i 2,9 milioni di profughi siriani sul suo territorio avrebbe dovuto garantire il blocco dei barconi diretti verso le isole greche. Il che avrebbe consentito ad Atene di tirare il fiato e al resto del Continente di considerare chiusa la rotta balcanica così da consentire una soluzione ordinata della crisi attraverso la ripartizione tra i Ventotto dei richiedenti asilo ancora in Grecia e il rimpatrio, tramite Turchia, dei migranti economici.
Ma ieri mattina Davutoglu ha clamorosamente alzato la posta, dando vita a un altro film, del tutto fuori programma. Sostenuto a distanza da Erdogan, ha chiesto che gli europei garantissero altri tre miliardi nel 2018, l’accelerazione dei negoziati di adesione di Ankara all’Unione e l’abolizione in tempi stretti dei visti per i cittadini turchi. Infine la Turchia si impegnava a riprendere tutti i migranti che in futuro sarebbero sbarcati illegalmente in Grecia, rifugiati e non, ma per ognuno di essi gli europei avrebbero dovuto prelevare legalmente in Turchia un siriano da reinsediare nell’Unione.
Le richieste turche hanno stravolto il calendario della giornata che prevedeva un pranzo tra i Ventotto e Davutoglu e poi un vertice dei soli europei per tirare le somme dopo lo storico accordo con la Turchia. Dopo il pranzo, invece, il premier turco ha lasciato che gli europei discutessero la sua controproposta con l’intenzione di rivedersi a cena per un prendere o lasciare. Quindi un pomeriggio e una lunga serata di frenetici negoziati costellati di bilaterali e incontri ristretti come quello tra Merkel, Hollande, Renzi, Cameron, Mogherini e lo stesso Davutoglu.
Impossibile chiudere in così poco tempo, impossibile per Cipro e Francia accettare l’accelerazione dell’adesione Ue di Ankara, così come impensabile era sbloccare su due piedi altri 3 miliardi. E se Renzi, che ieri ha donato a ognuno dei colleghi un dvd del film Fuocoammare, ha minacciato di mandare tutto per aria se nell’accordo non fosse stato inserito un riferimento alla libertà di stampa, tema sollevato anche dalla Merkel, alla fine è stato il solito Orban a mettere il veto: «L’Ungheria non può accettare i reinsediamenti dalla Turchia ». Il protrarsi dei negoziati ha fatto saltare la cena dei leader, che sono tornati in plenaria poco prima di mezzanotte. Ancora Ungheria e Slovenia hanno messo i bastoni tra le ruote e i Ventotto per evitare di perdere del tutto la faccia si sono impegnati a ripristinare Schengen entro dicembre. Ma senza un accordo con la Turchia — «approvato nelle sue linee base», dice la Merkel — sarà dura. Ci riproveranno la prossima settimana.
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