«Sarà incriminato, ma non per omicidio»
Il giudice militare oggi potrebbe non confermare l’arresto cautelare. Ieri in Galilea, in Cisgiordania e Gaza migliaia di palestinesi hanno commemorato il “Giorno della Terra”
GERUSALEMME «La difesa dello spirito e dei valori di Zahal (le Forze Armate, ndr) …Dobbiamo difendere Zahal in quanto esercito del popolo, in uno Stato ebraico e democratico», ripeteva ieri il capo di Stato maggiore Gadi Eisenkot, riferendosi a presunti principi alla base dell’azione dell’Esercito israeliano. Parole che seguono l’uccisione a sangue freddo, una settimana fa a Hebron, compiuta un soldato di un palestinese, Abdel Fattah al Sharif, 21 anni, a terra moribondo, che poco prima aveva accoltellato e ferito leggermente un altro militare israeliano. Eisenkot ha anche assicurato che saranno puniti soldati e comandanti che si comporteranno in un modo non conforme con gli standard operativi dell’esercito. Sarà così anche per il soldato che ha ucciso il palestinese di Hebron e che la maggioranza degli israeliani considera un “eroe”? Difficile crederlo visto come è andata due giorni fa l’udienza che lo riguardava. Il giudice militare, il tenente colonnello Ronen Shor, ha concesso solo due giorni e non i nove chiesti dalla procura per portare ulteriori prove a carico del soldato non ritenendo sufficienti quelle già a disposizione. Già da oggi il soldato, di cui è vietato rivelare l’identità, potrebbe essere posto agli arresti domiciliari o addirittura liberato in attesa dello svolgimento delle indagini e dell’eventuale processo. Il quotidiano Yediot Ahronot ieri prevedeva che il soldato-killer sarà rinviato a giudizio ma non per omicidio.
Al giudice Shor non è bastato il video, girato da un collaboratore del centro per i diritti umani B’Tselem, che mostra il soldato che spara a sangue freddo al palestinese immobile sull’asfalto. A suo dire quel filmato non darebbe certezze sulle intenzioni, motivazioni e responsabilità del soldato. Ha respinto la tesi della procura militare che aveva chiesto l’estensione della custodia cautelare per altri nove giorni e illustrato le «contraddizioni nella testimonianza del sospetto che impongono di indagare ulteriormente». Il procuratore ha affermato che «è chiaro che il colpo è stato sparato dal (soldato) sospetto nella direzione del terrorista che giaceva sul terra e che era già stato colpito da un altro militare dopo l’attacco all’arma bianca, anche se era ancora vivo. Il sospetto ha sparato senza alcuna necessità operativa e non sembrava in pericolo». La difesa da parte sua ha ribadito che il soldato arrestato avrebbe sparato nel timore che il palestinese potesse azionare una cintura esplosiva, che però non c’era. Il giudice è apparso ben disposto verso la ricostruzione dell’accaduto fatta dagli avvocati del soldato e ha concesso solo altri due giorni di arresti cautelari.
In quel momento davanti alla corte diverse centinaia di israeliani manifestavano a sostegno del militare, inclusi alcuni esponenti politici e membri della Knesset decisi ad ottenere la sua scarcerazione immediata. Tra questi l’ex ministro degli esteri ed esponente ultranazionalista Avigdor Lieberman, capo del partito anti-arabo Israel Beitenu, che ieri ha incontrato a Gerusalemme il leader della Lega Matteo Salvini. I due hanno trovato posizioni comuni su migranti, sicurezza, ruolo dell’Europa e terrorismo. E’ improbabile che durante i colloqui i due abbiamo discusso del caso del soldato che ha ammazzato in modo sommario il palestinese di Hebron. La vicenda interessa invece al senatore del Vermont, Patrick Leahy, e a 10 membri della Camera dei Rappresentanti Usa che hanno firmato una lettera in cui denunciano che le forze di sicurezza israeliane hanno eseguito “sospette esecuzioni extragiudiziali” di palestinesi negli ultimi mesi. Un’accusa alla quale ha risposto lo stesso premier Netanyahu negando che soldati e poliziotti israeliani abbiamo ucciso sommariamente aggressori palestinesi. «L’Esercito e la polizia si difendono e difendono cittadini innocenti applicando i più alti standard morali contro terroristi assetati di sangue che vogliono ucciderli», ha scritto nella sua replica.
Ieri nei Territori occupati e in Galilea migliaia di palestinesi hanno manifestato nel 40esimo anniversario del “Giorno della Terra”. Il 30 marzo del 1976 sei palestinesi con cittadinanza israeliana furono uccisi dalla polizia in alcuni villaggi della Galilea durante le proteste popolari contro la confisca di terre arabe. Il “Giorno della Terra” in questi ultimi anni è stato l’occasione per protestare contro le discriminazioni che subiscono i palestinesi in Israele e contro l’occupazione dei Territori. Manifestazioni ieri si sono svolte a Gaza, in varie località della Cisgiordania e a Umm al Hiran, un villaggio beduino nel Neghev soggetto a sistematiche demolizioni da parte delle autorità israeliane.
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