by Fabio Tonacci, la Repubblica | 26 Marzo 2016 10:17
BRUXELLES. Siamo al finale di partita, forse. Gli arresti e i blitz che in queste ore si susseguono a ripetizione a Bruxelles, in Francia e Germania, stanno togliendo ossigeno a ciò che resta della cellula di terroristi di Molenbeek.
E il “sacrificio” dell’artificiere del gruppo, Najim Laachraoui all’aeroporto di Zaventem, di cui ora si ha certezza grazie all’esame del Dna, ne era il primo segnale. «La rete dietro gli attacchi del 13 novembre e del 22 marzo sta per essere annientata, anche se ce ne possono essere altre », annuncia alle 17 di ieri il presidente francese Francoise Hollande.
Quattro ore dopo che il premier belga Charles Michel aveva annunciato la ripresa dei raid sullo Stato Islamico con gli F16 in Siria.
La due giorni di retate, che hanno portato in carcere 14 sospettati (di cui tre rilasciati dalla procura federale belga dopo poche ore), si è chiusa alle 13.45 di ieri davanti alla fermata del tram sulla Avenue Rogier, quartiere di Schaerbeek. Gli agenti hanno individuato e ferito alla gamba un uomo ritenuto essere legato a Reda Kriket, il francese preso giovedì sera ad Argentuil in Francia e su cui pende una condanna a 10 anni per terrorismo.
Nel suo appartamento sono stati trovati cinque kalashnikov, un fucile mitragliatore, sette pistole, liquidi e acidi per fabbricare bombe artigianali: l’arsenale per una strage.
La cattura del suo complice a Schaerbeek, che il quotidiano belga Derniere Heure ha ipotizzato essere il super latitante amico di Salah Mohamed Abrini (notizia non confermata dalla procura federale), poteva finire con il sangue di almeno un’innocente. Colto di sorpresa alla fermata del tram 25, l’uomo si è gettato su una bambina che aspettava il tram vicino a lui prendendola in ostaggio. «Abbiamo sentito 5 o 6 colpi di fucile — racconta Lela, una ragazza di 14 anni che in quel momento era sotto le mani della parrucchiera del salone Meshair — siamo tutti scappati nel seminterrato, poi siamo risaliti e abbiamo visto un uomo a terra che non mollava lo zaino».
Quel che è accaduto negli attimi precedenti all’arresto lo documentano i filmati dei cellulari degli abitanti di avenue Rogier. I poliziotti lo colpiscono a una gamba, lui lascia la bambina (alcuni testimoni sostengono che fosse arrivata sulla banchina con lui, altri che si tratta della figlia di una donna fatta allontanare dall’uomo), poi il robot degli artificieri si avvicina per controllare che nello zaino non ci fosse esplosivo.
Sempre secondo alcuni media belgi, che lo definiscono «un pesce grosso», indossava una cintura esplosiva. Per lo stesso presunto collegamento con il terrorista di Argentuil, sono stati catturati Tafik A. nel quartiere Forest e Salah A. a Saint Gilles.
Più interessante pare essere il fermo di Fayal C., avvenuto giovedì sera davanti al palazzo della procura di Bruxelles. Secondo fonti investigative, c’è «la concreta possibilità» che sia il terzo attentatore di Zaventem, l’uomo col cappello e il giubbotto bianco. Fayal è stato preso insieme ad altre due persone, Khalid A. e Mariam A.
È un giornalista free lance, accusato da mesi di essere un reclutatore. È stato il borgomastro di Bruxelles, Yvan Mayer, ad averlo denunciato più volte per le sue attività di proselitismo di matrice islamica, vedendolo nel parco
Maximilien avvicinare i richiedenti asilo che lì dimorano. Interrogato dopo l’arresto di giovedì, non ha detto una parola.
Sono finiti in carcere anche altre due persone legate allacellula di Molenbeek, intercettate all’uscita di Jette mentre cercavano di allontanarsi dalla città. E la polizia tedesca sta cercando di verificare se il 28 marocchino arrestato a Giessen mercoledì sera, che aveva una falsa patente italiana, possa essere uno dei complici di Salah Abdeslam.
Uno del gruppo degli attentatori del 22 marzo, secondo fonti investigative interpellate da Repubblica, sarebbe venuto in Italia «in tempi non sospetti».
Si tratterebbe però di un passaggio ritenuto «poco significativo », trattandosi di un veloce scalo in un aeroporto, su cui si stanno facendo accertamenti. È l’unica traccia lasciata in Italia, dopo il viaggio di Salah nell’agosto 2015, dalla cellula di Molenbeek.
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