Così ha colpito la cellula belga di Salah
PERCHÉ AGIRE ORA? PER VENDETTA? CHI SONO TERRORISTI IN FUGA?
CI vorrà del tempo per venire a capo delle molte domande che pone la strage di Bruxelles. Ad alcune, quelle cruciali, è tuttavia possibile provare a dare delle prime risposte.
CHI SONO I TERRORISTI CHE HANNO COLPITO? E’ UNA NUOVA RETE?
Non c’è dubbio — o almeno questa è la pista seguita dagli inquirenti — che si tratti di quella parte della rete creata dal Califfato tra l’estate e l’autunno dello scorso anno nel cuore dell’Europa. Abdelhamid Abbaoud, il ring leader delle stragi del 13 novembre, morto nel blitz di saint Denis, aveva confidato infatti prima di morire che i martiri che l’Is aveva inviato in Europa lungo la rotta balcanica erano 90. Inoltre, informazioni in possesso della nostra intelligence accreditano la possibilità che ai superstiti di quella originaria rete stesa dal Califfato in Europa (dei 90, 30 sono stati neutralizzati, perché morti o arrestati, dal 13 novembre in poi), si siano aggregati anche criminali comuni e foreign fighter appena rientrati dalla Siria. Tra loro, nei dossier della nostra intelligence, si segnalano «quattro esperti in esplosivi».
Dalle prime informazioni, è ragionevole ritenere che il gruppo stesse pianificando da tempo l’attacco. E che nella pianificazione fosse coinvolto anche il latitante Salah Abdeslam. La decisione di accelerare i tempi, più che una vendetta per l’arresto di Salah, sarebbe la verosimile conseguenza del blitz a Forest del 16 marzo scorso, durante il quale muore Mohamed Belkaid, algerino, 35 anni. Belkaid è infatti un pezzo grosso dell’organizzazione e partecipa alla pianificazione ed esecuzione delle stragi del 13 novembre. Per altro, con il nome di Samir Bouzid, era stato controllato a settembre del 2015 in compagnia di Salah Abdeslam. E la sua impronta digitale era stata rilevata sul telefono cellulare gettato nel cestino davanti al Bataclan con il quale era stato dato il via alla mattanza. Non solo: quattro giorni dopo le stragi di Parigi, Belkaid, con la sua falsa identità, aveva trasferito da un ufficio Western Union di Bruxelles la somma di 750 euro ad Hasna Aït Boulahcen, la cugina di Abdelhamid Abaaoud.
Gli investigatori sono convinti che Belkaid stesse lavorando all’attacco di Bruxelles quando la polizia belga lo ha ucciso durante l’irruzione nella casa di Forest dove era nascosto. In quella casa sono stati infatti ritrovati due detonatori pronti per essere utilizzati.
La polizia belga ha diffuso ieri sera un appello alla popolazione perché aiuti nella ricerca di uno dei tre uomini ripresi dalla video sorveglianza dell’aeroporto di Zavantem. Si tratta di quello con il cappello scuro e il giaccone chiaro, alla sinistra dei due che, come lui, spingevano il carrello con i bagagli e che si ritiene si siano fatti saltare in aria. Alcuni testimoni hanno raccontato di aver visto l’uomo allontanarsi frettolosamente dal terminal subito dopo le due esplosioni.
Per quanto riguarda i suoi due complici e martiri potrebbe trattarsi dei fratelli Khalid e Ibrahim el-Bakraroui, jihadisti e prima ancora criminali comuni. Le loro tracce sono state trovate in alcuni dei covi dove secondo la polizia si sarebbe nascosto Salah durante i suoi 4 mesi di latitanza, compreso quello di Forest dove è morto Belkaid. In quello stesso appartamento sono state trovate le tracce di un altro dei possibili terroristi in fuga in queste ore. Si tratta di Najim Laachraoui. 24 anni, almeno un falso alias (Soufiane Kayal), è scampato al blitz nel quale è morto l’amico Belkaid. Le sue impronte sono state rilevate sul materiale esplosivo utilizzato per le stragi di Parigi.
Nella lista dei fuggitivi, va ricordato anche Mohamed Abrimi, l’uomo tutt’ora latitante da quattro mesi e ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un distributore di carburante, insieme a Salah poco prima dell’attentato del 13 novembre, lungo l’autostrada Bruxelles-Parigi.
LA STRAGE E L’ENNESIMO BUCO DELL’ANTITERRORISMO BELGA?
Se fossero confermate le indiscrezioni di queste prime ore, le responsabilità dei servizi di sicurezza belgi sono consistenti, al punto che, ieri pomeriggio l’argomento è stato oggetto di un fitto scambio di valutazioni da parte dei vertici di tutte le intelligence internazionali. Non si comprende infatti perché, dopo l’arresto di Salah, il livello di allerta fosse rimasto a 3, nonostante molti indizi indicassero una minaccia imminente. Né perché, ancora lunedì pomeriggio, i procuratori belgi e francesi avessero deciso una pubblica passerella per incassare il plauso di un’indagine su una rete evidentemente ben lungi dall’essere stata disarticolata.
Ancora una volta, il Belgio appare come il buco nero della sicurezza europea. Come dimostrano i 4 mesi necessari per venire a capo di Salah Abdeslam, latitante in casa propria, a Molenbeek. Come dimostra la sottovalutazione degli allarmi arrivati, tre settimane fa, alle intelligence europee sul rischio di “attentati imminenti” a Bruxelles. Un
warning ribadito in un nuovo e preciso fonogramma sabato scorso (si parlava di luoghi frequentati da stranieri), dopo l’irruzione nell’appartamento di Forest: la bandiera dell’Is, il kalashnikov, il libro sul salafismo ma soprattutto i detonatori e le istruzioni per confezionare ordigni erano il rumoroso e incontrovertibile indizio di un prossimo attacco. Qualcuno lo ha colpevolmente sottovalutato.
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