by CATERINA PASOLINI, la Repubblica | 21 Marzo 2016 9:19
La pattumiera è la nostra cattiva coscienza e una possibilità di riscatto. Racconta di noi, popolo di spreconi che compra troppo, consuma male e non sa riutilizzare il cibo cucinato. In quel bidone in cui ogni famiglia brucia 348 euro all’anno, gettando anche un chilo di pane o verdure a settimana, è nascosto un tesoro che vale 13 miliardi di euro. Cui ne vanno aggiunti altri 5: è il valore degli alimenti persi lungo la filiera, nel viaggio dai campi alla nostra tavola.
Diciotto miliardi di euro: tanto valgono i 15 milioni di tonnellate di cibo perduto ogni anno. E sotto accusa sono soprattutto i privati cittadini: il 43% del cibo viene buttato via nelle nostre cucine. Secondo un’indagine del Politecnico di Milano, in Italia lo spreco di alimenti avviene infatti per il 21% nella ristorazione; seguono la distribuzione commerciale (15%), l’agricoltura (8%), la trasformazione (2%).
Quasi la metà dunque si «perde » e va a male nelle nostre case. E i distratti sono soprattutto i giovani, dicono i dati di Waste watcher, l’osservatorio sugli sprechi dell’università di Bologna che da 15 anni monitora il problema tra iniziative e progetti che hanno portato anche alla legge per facilitare le donazioni di aziende e industrie, appena approvata alla Camera.
Il lavoro di Waste watcher racconta un Paese diviso. Il record negativo va infatti alle Isole, dove ogni famiglia getta nella spazzatura alimenti per 7,4 euro a settimana. Seguono il Centro con 7,2 euro e il Sud con 6,8 euro. Nel Nord Ovest, ogni nucleo butta via in media cibo per 6,3 euro, e il Nord Est è il più virtuoso con “solo” 6,1 euro. Un trend confermato dal sondaggio di Ipsos per Save the children: tra chi confessa di buttare più spesso i cibi andati a male ci sono infatti i cittadini di Sicilia Calabria, Umbria. Lombardia, Sardegna e Veneto le regioni più virtuose.
Perché si getta il cibo? I motivi cambiano a seconda della latitudine, stando a un’indagine Lmm-Swg. Abruzzesi, pugliesi, calabresi e campani ammettono di aver cucinato troppo e calcolato male gli acquisti. Le confezioni troppo grandi che invitano a esagerare sono la giustificazione invocata da veneti e umbri. Sardi ed emiliani imputano gli sprechi ad abitudini alimentari e acquisti sbagliati mentre in Liguria a far riempire troppo il carrello è «la paura» di non avere scorte sufficienti. A Roma, lo spreco è addebitato a difficoltà organizzative: si fa la spesa una volta alla settimana e il cibo non regge.
«I dati in questo campo vanno presi con giudizio: sono spesso frutto di questionari che risentono di un margine di soggettività », spiega Andrea Segrè, professore all’università di Bologna, fondatore di Last minute market e Waste watcher, consulente anti-sprechi del ministero dell’Ambiente. «Abbiamo scoperto — aggiunge — che molte cifre vanno riviste. Facendo tenere diari puntuali alle famiglie, è venuto fuori che si getta via il 50 % in più di quello che si pensa. Ecco perché gli 8,4 miliardi di euro stimati nella pattumiera domestica diventano almeno 13».
E in effetti nel mondo dei dati c’è grande confusione: solo per fare un esempio, se il Comune di Milano parla di 450 euro all’anno persi a famiglia, una ricerca di Adiconsum Lombardia e Cittadinanzattiva invece ne calcola 162. «Per vincere la battaglia — esorta Segrè — la cosa certa è che la legge nel passaggio al Senato va arricchita da campagne di educazione alimentare nelle scuole, visto che sono le famiglie a sprecare di più».
«Siamo un Paese a due velocità, dentro e fuori casa: lasciamo marcire gli alimenti in frigo perché non guardiamo la scadenza, ma allo stesso tempo siamo capaci di organizzare una lotta agli sprechi che coniuga volontariato e solidarietà», commenta il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, che l’anno scorso su Repubblica annunciò la legge. A dimostrarlo, le tante esperienze pubbliche e private lungo la Penisola: dalle mense scolastiche milanesi che consentono ai bambini di portare a casa la merendina, al pasticciere napoletano che regala sfogliatelle ai poveri. Da industrie e ipermercati che regalano l’invenduto all’esperienza del Banco Alimentare, che raccoglie donazioni in tutt’Italia e sfama 1,5 milioni di persone per il tramite di 8mila enti.
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