I pacifisti: «Fermiamo il commercio di armi»
Tornano in piazza le bandiere arcobaleno per un presidio sotto Montecitorio contro tutte le guerre ma in particolare contro l’intervento italiano in Libia e contro i muri a bloccare i flussi di profughi.
L’appuntamento di ieri pomeriggio è stato convocato in fretta da oltre 50 associazioni, dall’Arci a Libera, e sindacati, dalla Cub alla Fiom. Le persone non sono moltissime, un centinaio, complice anche il freddo e la pioggia, ma le presenze sono significative.
Padre Alex Zanotelli, avvolto da una bandiera per la pace, come gli altri che dopo di lui si succedono al microfono, non vuole polemizzare direttamente con il senatore a vita Giorgio Napolitano che poche ore prima nell’aula di Palazzo Madama attacca il pacifismo definendolo «di vecchissimo stampo», tale per cui secondo l’ex capo dello Stato, «non ha ragion d’essere nel mondo di oggi», per riaffermare invece che l’Italia «deve prepararsi» alla guerra in Libia.
Zanotelli ricorda che «sotto Gheddafi, prima della guerra del 2011 in Libia non c’erano jihadisti». «L’Isis sia in Libia sia in Iraq e Siria è figlio delle guerre condotte dall’Occidente – concorda, confusa tra i manifestanti, Luisa Morgantini, ex vice presidente del Parlamento europeo, fondatrice delle Donne in nero in Italia – ed è delirante che i governanti non facciano una riflessione sul fallimento del loro approccio a problemi complessi».
Don Luigi Ciotti in un angolo della piazza ricorda le parole di Papa Francesco. «Bisogna cercare tutte le strade possibili – dice – per frenare i venti di guerra che spirano forti e minacciosi. Ha ragione il Papa quando parla dei rischi di una terza guerra mondiale, un pericolo reale e possibile. Per questo bisogna battere tutte le vie, non scivolare nella palude di una guerra: le armi non sono mai la risposta giusta».
«Si deve puntare a una soluzione politica e contemporaneamente bloccare il commercio delle armi, che invece attualmente è sempre più prospero», propone Grazia Naletto, portavoce della campagna Sbilanciamoci!.
«Le guerre si fanno per commerciare in armi e spartirsi il bottino, in questo caso il petrolio – afferma Filippo Miraglia, vice presidente Arci – è una logica neocoloniale che produce altra guerra e altri flussi migratori. Se questa è la risposta, la domanda è sbagliata, dobbiamo cambiare logica e puntare sul dialogo».
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