Nero su bianco il piano di intervento Usa in Libia

Nero su bianco il piano di intervento Usa in Libia

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Il Pentagono ha messo nero su bianco il piano Usa per attaccare la Libia. Lo ha rivelato ieri il New York Times, riferendo di attacchi aerei contro campi di addestramento, centri di comando operativo, depositi di munizioni dello Stato islamico (Isis) in Libia.

Sarebbero tra i 30 e i 40 gli obiettivi in quattro aree del paese per poi lasciare il lavoro sul campo nelle mani delle milizie filo-Usa che cercano da mesi di accreditarsi come baluardo anti-Isis. Il Segretario alla Difesa, Ashton Carter, ne avrebbe parlato con i consiglieri alla sicurezza del presidente Barack Obama, lo scorso 22 febbraio, tre giorni dopo i raid Usa contro le postazioni di Isis a Sabratha.

Gli Stati uniti avevano già esercitato pressioni sul governo italiano, per bocca dell’ambasciatore a Roma, John Philips, dopo le dichiarazioni del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, sul possibile invio di 5 mila uomini in Libia, per un impegno italiano rafforzato sul campo in Libia.

Philips ha ieri in parte ridimensionato le richieste che non pochi malumori avevano suscitato in Italia. Il governo italiano ha già dato il via libera ai droni Usa di decollare dalla base di Sigonella diretti in Libia.

Anche le rivelazioni su un intervento Usa di lungo termine in Libia, rese note ieri, sono da iscriversi nelle ormai tradizionali divisioni politiche tra Pentagono e amministrazione Obama nella gestione dei conflitti in Medio oriente. La stesso scontro politico ha dilaniato per anni le relazioni tra Washington, diplomatici Usa presenti in Libia ed Egitto, e i governi dei Fratelli musulmani nei due paesi. Gli attacchi più duri sono stati mossi alla democratica Hillary Clinton, accusata di aver sottovalutato le minacce che hanno portato all’uccisione del diplomatico Usa a Bengasi, Chris Stevens, per mano dei jihadisti di Ansar al-Sharia.

Tutto questo mentre la Commissione giustizia del parlamento Usa si prepara ad etichettare la Fratellanza musulmana come organizzazione terroristica. Un tale provvedimento azzererebbe immediatamente qualsiasi validità politica del parlamento di Tripoli avvantaggiando ulteriormente le mire su tutto il territorio libico del generale Haftar che, a Tobruk, continua a rafforzarsi grazie al sostegno militare francese ed egiziano. Mentre si allontana sempre di più la possibile formazione di un governo unitario tra le fazioni libiche, dopo l’ennesimo rinvio del voto del parlamento della Cirenaica.

Francia ed Egitto hanno avviato ieri una lunga campagna di esercitazioni militari congiunte nel Mediterraneo con il supporto della portaerei Charles de Gaulle e sei navi d’appoggio. Lo scorso martedì, lo Stato maggiore dell’esercito francese aveva annunciato l’imminente avvio dell’esercitazione franco-egiziana.
Alle operazioni partecipano caccia F-16 e Rafale, di cui 24 appena acquistati in Francia dall’Egitto, dopo lo scongelamento degli aiuti militari al Cairo da parte di Washington. Il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi, dopo aver ascoltato il suo alleato russo, Vladimir Putin, ha escluso qualsiasi intervento militare nel paese. Ad al-Sisi interessa mantenere il più a lungo possibile la già esistente zona cuscinetto egiziana in Cirenaica che va dal confine fino a Ajdabyia.

Anche la Gran Bretagna aveva annunciato l’invio di militari per l’addestramento delle forze di polizia tunisine per tenere sotto controllo il passaggio di jihadisti attraverso il confine tra i due paesi.

Lo scorso lunedì in un attacco tra esercito tunisino e jihadisti di Isis sono morte almeno 53 persone a Ben Guerdane in Tunisia, 160 chilometri da Sabratha.
Piccole esplosioni e sparatorie sono andate avanti per tutta la giornata di ieri nella città tunisina dove sono stati fermati e lungamente interrogati sette terroristi. Nella città libica hanno perso la vita due dei quattro ostaggi italiani, Salvatore Failla e Fausto Piano, le cui salme dovrebbero arrivare in queste ore a Roma dopo lunghe contrattazioni con le autorità locali.



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