Il patto con Ankara non ferma gli scafisti

by Monica Ricci Sargentini, Corriere della Sera | 8 Marzo 2016 10:40

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Una cosa è certa: finora il piano d’azione firmato tra Turchia e Ue a novembre per la gestione del flusso dei rifugiati non ha funzionato. La porta verso i Paesi dell’Unione Europea è rimasta aperta: nei primi due mesi del 2016 sono stati 132 mila gli arrivi via mare in Grecia. Inoltre Ankara ha sigillato le frontiere con la Siria, nonostante sia un obbligo internazionale accogliere chi fugge da una guerra: sono almeno centomila i siriani ammassati nei campi a ridosso del confine. E, infine, denuncia Amnesty International , il governo di Davutoglu avrebbe istituito con i soldi europei dei campi di detenzione per i rifugiati con il solo fine di rispedirli nei Paesi da cui erano fuggiti.
Oggi la Turchia è il Paese che ospita il numero più alto di rifugiati al mondo: 2 milioni 715 mila soltanto dalla Siria secondo i dati forniti dall’ Unhcr , di questi solo 300 mila sono ospitati nei campi profughi, gli altri sono lasciati a se stessi in condizioni di estrema indigenza. Secondo un rapporto di Banca Mondiale e Unhcr, quasi il 70% vive sotto la soglia internazionale di povertà, fissata a 5,25 dollari al giorno. Il 40% sono bambini al di sotto degli 11 anni, spesso utilizzati per lavorare sotto costo.
Ankara si è impegnata con la Ue a combattere gli scafisti ma finora nulla ha intaccato il fiorente traffico sulla costa intono a Smirne dove vivono circa 400mila rifugiati. Le pattuglie dei guardiacoste non sembrano aver affatto scoraggiato le partenze. Lo dimostrano i tanti corpi che, quasi ogni giorno, il mare restituisce. Venticinque le persone annegate solo ieri.
Ma ancora più grave è la questione dei centri di detenzione illegali. Amnesty International , in un rapporto pubblicato lo scorso dicembre dal titolo Il piantone d’Europa , ha denunciato come da settembre le autorità di Ankara abbiano fermato centinaia di rifugiati e richiedenti asilo e li abbiano trasferiti in pullman verso centri di detenzione isolati. Alcuni di loro hanno riferito di essere rimasti incatenati per giorni, di essere stati picchiati e infine di essere stati rinviati nei Paesi da cui erano fuggiti.
«Spingere rifugiati e richiedenti asilo verso paesi come Siria e Iraq non è solo un gesto immorale, è anche una chiara violazione del diritto internazionale» ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International . Funzionari dell’Unione europea ad Ankara hanno confermato ad AI che i sei centri di accoglienza descritti nella bozza del «Piano d’azione» funzioneranno di fatto come centri di detenzione. I soldi dell’Unione, insomma, sarebbero usati non per assistere i rifugiati ma per rispedirli in patria. A Erzurum i siriani e gli iracheni hanno mostrato ad AI le etichette, poste su letti e armadi, che attestano il finanziamento del centro da parte europea. «Se la Ue arriverà a dare alla Turchia questa somma enorme e assai necessaria, dovrà ottenere piena garanzia che verrà investita per dare assistenza ai rifugiati e pretendere che sia posta fine alle violazioni dei diritti umani» ha detto Gauri van Gulik, vicedirettrice del programma Europa e Asia centrale di AI .
Monica Ricci Sargentini
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