by Geraldina Colotti, il manifesto | 5 Marzo 2016 9:56
Portato via come un delinquente e rilasciato dopo ore di interrogatorio. La mattinata di eri è cominciata male per l’ex presidente brasiliano Lula da Silva. La polizia federale ha fatto irruzione all’alba nella sua casa di Sao Bernardo de Campo, nei pressi di San Paolo e se l’è portato via, fino al commissariato dell’aeroporto di Congonhas. Poi è stata perquisita la sede della Fondazione Lula e altre abitazioni appartenenti a persone vicine all’ex sindacalista. Anche due suoi figli sono stati fermati.
L’operazione, ordinata dal giudice federale Sergio Moro su richiesta del Pubblico Ministero, è quella dello scandalo Lava Jato. Un grande intreccio di tangenti, contratti miliardari e favori politici che vedono al centro l’impresa petrolifera di stato Petrobras e riguardano una ventina di altre imprese, fra cui la più grande costruttrice dell’America latina, la Odebrecht, e una cinquantina di uomini politici di diversi schieramenti. Il presidente della Odebrecht è in carcere. E ieri sono stati perquisiti anche diversi uffici della impresa che porta il suo nome.
Secondo il Pm, Lula avrebbe intascato fondi neri a fini personali, investiti in alcune proprietà immobiliari intestate ad altri e avrebbe finanziato con denaro illecito le sue campagne elettorali e il suo Partido de los Trabajadores (Pt). Avrebbe ricevuto «molti favori» dalle imprese inquisite per Lava Jato e si sarebbe adoperato per la compravendita di voti a favore dei governi Pt. Secondo il magistrato, «i favori sono molti e difficilmente quantificabili, ma calcolabili in 30 milioni di reales ( circa 8 milioni di dollari, ndr ), tra conferenze e donazioni che i grandi costruttori gli hanno messo a disposizione». Accuse che Lula nega, così come negano ogni coinvolgimento alla Fondazione che porta il suo nome e che mesi fa ha anche subito un attentato.
Secondo gli inquirenti, la posizione di Lula si sarebbe aggravata a seguito delle dichiarazioni di un pentito, un senatore del suo stesso partito, Delcidio Amaral, delatore nell’inchiesta Petrobras. Questi ha sostenuto che l’ex presidente avrebbe tentato di comprare i testimoni per evitare di essere coinvolto. Dichiarazioni rilasciate in forza della “legge premiata”, che consente di avere sconti di pena qualora si avalli il teorema dei giudici, che in Brasile è definito «lo schema».
Uno «schema» tutto politico, che sbatte in prima pagina (dei potenti giornali avversi al governo) sopratutto i politici del Pt e che entra potentemente in campo per sostenere le forze conservatrici che hanno maldigerito la seconda vittoria – di misura – della presidente Dilma Rousseff. E così, a colpi di sondaggi e di previsioni catastrofiche, si è tentato di disarcionare la presidente da ogni lato: sia da quello finanziario che da quello politico, premendo sui deboli equilibri di cui gode a livello istituzionale. Il vento che spira nel continente è cambiato. In Argentina hanno vinto i conservatori, che scalpitano per sfilare il gigante brasiliano dal campo progressista. E le destre venezuelane, sempre molto ben accolte al senato brasiliano, sono andate ad annunciare in quella sede che presto indiranno un referendum revocatorio contro il presidente venezuelano Nicolas Maduro. Nel Mercosur, dopo il passaggio di consegne tra il più deciso presidente uruguayano Pepe Mujica e il ben più moderato Tabaré Vazquez, sono rimasti solo Venezuela e Bolivia a opporsi alla firma di un accordo di libero commercio con l’Europa che seguirebbe i medesimi indirizzi del grande Accordo Transpacifico (Tpp), realizzato dagli Usa.
Ad alimentare la furia emergenzialista, in Brasile, vi sono anche personaggi che non potrebbero permettersi di lanciare la prima pietra, come il presidente della Camera, Eduardo Cunha, in prima fila nel chiedere l’impeachment della presidente. La Corte Suprema (l’unica che può giudicare i deputati) ha deciso di processarlo per corruzione e lavaggio di denaro sporco. Cunha è accusato di aver accettato 5 milioni di tangenti tra il 2006 e il 2012, legate alla costruzione di petroliere della Petrobras. Il politico, che controlla le potenti chiese evangeliche, nega ogni addebito e cerca di farla franca, com’è già accaduto in precedenti e analoghe occasioni. La decisione della Corte potrebbe però forzarlo a lasciare il Congresso, facendo cadere nel vuoto i suoi sforzi per far cadere la presidente Rousseff, che Cunha vorrebbe portare a processo per presunte irregolarità fiscali commesse l’anno scorso. La domanda di impeachment sostiene che la presidente ha truccato il deficit fiscale e ha speso più del consentito durante il 2014. Al contempo, il documento accusa il governo per lo scandalo per corruzione della Petrobras.
Ma anche il Comitato etico della Camera ha approvato l’apertura di un’inchiesta a carico di Cunha per determinare se deve lasciare l’incarico per aver mentito durante un’audizione parlamentare. In quel contesto, il presidente della Camera ha infatti negato di avere conti all’estero, come invece ha stabilito un’indagine di periti svizzeri.
Ieri, dopo il fermo di Lula, Rousseff ha convocato una riunione d’urgenza, denunciando l’uso politico delle inchieste giudiziarie e il rincorrersi delle «fughe di notizie che non contribuiscono alla stabilità del paese». E ha chiesto che venga divulgato per intero il contenuto delle accuse dei delatori. Il suo avversario alle ultime presidenziali, il conservatore Aecio Neves, ha ribattuto che per aver fatto quelle dichiarazioni Dilma dovrebbe dimettersi. Il Pt ha invitato i militanti a mobilitarsi per Lula e a respingere «lo spettacolo mediatico montato contro di lui e la sua famiglia».
Secondo il presidente del Pt, Rui Falcao, «è il momento di riflettere, di mobilitarsi e di vigilare in tutte le sedi di partito». E ieri ci sono stati scontri e feriti a San Paolo di fronte alla casa di Lula e la polizia è intervenuta. I militanti Pt cantavano «Lula guerriero, il popolo brasilero» per sostenere l’ex operaio che ha governato il paese tra il 2003 e il 2010. Ma il 13 le destre hanno convocato una grande manifestazione per chiedere l’impeachment di Dilma.
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