by ROBERTO PETRINI, la Repubblica | 19 Febbraio 2016 9:01
Gli occhi dell’ambasciatrice tedesca Susanne Marianne Wasum-Rainer, vicinissima ad Angela Merkel, seguono con attenzione le severe parole del presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri. Nella sala gremita di autorità in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, a partire dal capo dello Stato Sergio Mattarella, l’inedita presenza della diplomatica testimonia l’attenzione con cui viene seguita l’Italia, che si è appena vista tagliare dall’Ocse le stime di crescita per il 2016 ad uno striminzito 1 per cento.
E le indicazioni che giungono dalla magistratura contabile hanno il tono di un primo allarme: l’Italia, si dice, vive «una fase delicata» in un quadro «ad alto contenuto di incertezza » dovuto soprattutto alla situazione internazionale. La questione dei conti pubblici è seguita con attenzione: la discesa del deficit ha «una cadenza più rallentata », constata la «Relazione orale»; la spending review ha realizzato «negli interventi successivi» degli ultimi anni quello che Squitieri definisce un «parziale insuccesso», che è attribuibile a «rigidità e difficoltà» nel contenimento della spesa pubblica. Inoltre – altro segnale – i margini di flessibilità europei sono già stati «interamente utilizzati » nella legge di stabilità 2016, portandoci al 2,4 per cento di deficit-Pil. Dunque – ecco il punto – o si fa una «efficace » spending review, con un occhio attento anche alla «qualità dei servizi», oppure non si potrà affrontare «la questione complessa del carico fiscale».
Le nuove stime dell’Ocse proiettano in avanti il rallentamento registrato nell’ultimo trimestre 2015 dell’economia italiana, dovuto prevalentemente allo scenario internazionale: l’Organizzazione, oltre a tagliare rispetto a novembre scorso il Pil 2016 dell’Italia di 0,4 punti, rivede al ribasso la crescita globale (dal 3,3 di novembre al 3 per cento attuale) e quella dell’eurozona (all’1,4 con un taglio di 0,4 punti percentuali). Conferme sul clima negativo arrivano anche dalle minute della riunione della Bce del 21 gennaio, nelle quali emerge la percezione di un quadro economico in peggioramento.
L’aria di frenata e l’allarme della Corte dei conti riportano in primo piano la questione del bilancio pubblico. La Commissione europea già colloca al 2,5 per cento per quest’anno il rapporto deficit-Pil, oltre la linea del 2,4 per cento fissata motu proprio dall’Italia nella Stabilità 2016 e senza attendere il via libera allo sconto migranti di 0,2 punti ancora in discussione su Bruxelles. Anche ammettendo che a maggio la Commissione dia l’ok alle richieste italiane, resta sul tavolo il fattore crescita: la stima di Bruxelles prevede un deficit-Pil al 2,5 per cento considerando un crescita dell’1,4 per cento, già più bassa di quella che mettiamo in conto noi, pari all’1,6 per cento. Con in nuovi e peggiori dati sul Pil dell’Ocse si scende intorno all’1 per cento. Ciò significa circa mezzo punto in meno di crescita, che produce un aumento del deficit, per via del calo delle entrate, della metà: si arriva così ad un aumento del disavanzo rispetto alle stime del governo dello 0,25 per cento di Pil, pari a circa 4 miliardi, che farebbe salire quest’anno il fatidico rapporto intorno al 2,7-2,8 per cento. Una zona, evidentemente, a rischio, senza contare l’incertezza su risparmi della sanità e entrate dei giochi. Così il Documento di economia e finanza di aprile, a meno di un intervento in corso d’opera, dovrà dare indicazioni sulla nuova situazione che si sta delineando. E dovrà individuare anche le risorse per disinnescare i 15 miliardi di aumenti di Iva e accise, cioè la clausola di salvaguardia spostata al 2017 con la Stabilità di quest’anno. Garanzia importante perché destinata anche a tutelare, in mancanza di tagli alla spesa, la riduzione dell’Ires, la tassa sulle società (dal 27,5 al 24 per cento), già deliberata con la Stabilità 2016 per il prossimo anno, per un costo di 2,978 miliardi.
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