E Putin approfitta dei calcoli (sbagliati) di Obama
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Da mesi in Siria anche le fattorie sono bersagli di attacchi aerei, con gli uliveti disseminati di bombe a grappolo per impedire il raccolto. Non si parla più di danni collaterali, di incidenti nel caos della guerra civile. Ci si sta convincendo che i russi vogliano non solo ridare fiato al regime di Assad, ma anche costringere gli oppositori a un esodo ancor più massiccio di quelli visto finora in un Paese nel quale 7 milioni di abitanti hanno già abbandonato le loro case.
Questa escalation , destinata a esasperare la crisi dei rifugiati che indebolisce l’Europa e alimenta divisioni nella Nato, è avvenuta nel silenzio quasi totale del governo Usa. Solo sabato scorso Barack Obama ha telefonato a Vladimir Putin per chiedergli di smettere di bombardare i ribelli moderati anti-Assad. E il segretario di Stato, John Kerry, ha ammesso che i russi attaccano quasi solo «l’opposizione legittima ad Assad».
Ma la sortita Usa non prelude a un vero cambiamento di rotta sulla Siria: del resto Obama ha ripetuto al capo del Cremlino la richiesta già formulata a settembre nell’incontro a margine dell’assemblea Onu a New York. Allora il presidente Usa aveva aggiunto che Mosca si stava infilando in un vicolo cieco perché non ci possono essere soluzioni militari per la Siria. Probabilmente questo è stato il secondo, grosso errore di calcolo di Obama in questa crisi. Un errore per certi versi simile al primo: come nel caso dell’uso delle armi chimiche e del mancato intervento americano dopo che Assad aveva varcato la «linea rossa» fissata dalla Casa Bianca, anche in quello dei bombardamenti spietati che stanno riportando Aleppo sotto il controllo del dittatore di Damasco, Obama ha applicato i suoi schemi freddamente razionali a una crisi nella quale ferocia e cinismo di combattenti pronti anche a provocare esodi biblici e la spregiudicatezza di Putin, sempre pronto a rischiare tutto ignorando vincoli e norme internazionali, spiazzano in continuazione gli strateghi di Washington.
Il lungo silenzio di Obama si spiega con la disattenzione dell’opinione pubblica americana, ora tutta concentrata sulla campagna elettorale, ma anche con l’assenza di opzioni praticabili: armare ora i ribelli ed elevare il profilo dell’intervento militare Usa significherebbe rischiare lo scontro aperto con Mosca e aumentare il coinvolgimento americano nei conflitti mediorientali. Obama che capovolge la sua impostazione negli ultimi mesi alla Casa Bianca? Improbabile. Putin è il primo a saperlo. E ne approfitta.
Questa escalation , destinata a esasperare la crisi dei rifugiati che indebolisce l’Europa e alimenta divisioni nella Nato, è avvenuta nel silenzio quasi totale del governo Usa. Solo sabato scorso Barack Obama ha telefonato a Vladimir Putin per chiedergli di smettere di bombardare i ribelli moderati anti-Assad. E il segretario di Stato, John Kerry, ha ammesso che i russi attaccano quasi solo «l’opposizione legittima ad Assad».
Ma la sortita Usa non prelude a un vero cambiamento di rotta sulla Siria: del resto Obama ha ripetuto al capo del Cremlino la richiesta già formulata a settembre nell’incontro a margine dell’assemblea Onu a New York. Allora il presidente Usa aveva aggiunto che Mosca si stava infilando in un vicolo cieco perché non ci possono essere soluzioni militari per la Siria. Probabilmente questo è stato il secondo, grosso errore di calcolo di Obama in questa crisi. Un errore per certi versi simile al primo: come nel caso dell’uso delle armi chimiche e del mancato intervento americano dopo che Assad aveva varcato la «linea rossa» fissata dalla Casa Bianca, anche in quello dei bombardamenti spietati che stanno riportando Aleppo sotto il controllo del dittatore di Damasco, Obama ha applicato i suoi schemi freddamente razionali a una crisi nella quale ferocia e cinismo di combattenti pronti anche a provocare esodi biblici e la spregiudicatezza di Putin, sempre pronto a rischiare tutto ignorando vincoli e norme internazionali, spiazzano in continuazione gli strateghi di Washington.
Il lungo silenzio di Obama si spiega con la disattenzione dell’opinione pubblica americana, ora tutta concentrata sulla campagna elettorale, ma anche con l’assenza di opzioni praticabili: armare ora i ribelli ed elevare il profilo dell’intervento militare Usa significherebbe rischiare lo scontro aperto con Mosca e aumentare il coinvolgimento americano nei conflitti mediorientali. Obama che capovolge la sua impostazione negli ultimi mesi alla Casa Bianca? Improbabile. Putin è il primo a saperlo. E ne approfitta.
Massimo Gaggi
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