Decine di missili e jet così la Russia combatte in Siria

Decine di missili e jet così la Russia combatte in Siria

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GINEVRA I negoziati di pace sulla Siria «sono cominciati ufficialmente »: alle sette di sera, due ore dopo l’inizio della prima riunione con l’opposizione siriana, quando l’inviato Onu ufficializza l’inizio di questa maratona negoziale a tavoli separati, un processo diplomatico che sembra ancora tutto da inventare.

Il mediatore Onu Staffan De Mistura dovrà faticare per trovare una strada. Perché la notizia più minacciosa di ieri è che la Russia in Siria ha aumentato in maniera impressionate il numero di cacciabombardieri, aerei intercettori, radar e missili antiaerei schierati a difesa del regime di Bashar el Assad.

Un satellite israeliano ha fotografato la base militare di Latakia, città siriana affacciata sul Mediterraneo non lontano dal confine con la Turchia. Secondo il dossier del Fisher institute for air and space strategic studies di Herzliya, Israele, sulla pista di Latakia ci sono almeno sei aerei Sukhoi-34, sette SU-24, nove SU-25 e quattro SU-30. Altri aerei sono parcheggiati nell’area di “manutenzione”, un SU-34, un SU-25 e quattro SU-24.

D’altronde dopo il grave incidente dell’Su 24 abbattuto dai caccia turchi in novembre, Putin non poteva non autorizzare un rafforzamento delle capacità di attacco ma anche di difesa dello stormo: gli israeliani hanno fotografato anche batterie di missili S-400, ordigni che sarebbero capaci di andare ad abbattere un jet turco ben dentro i confini della Turchia se solo Erdogan si permettesse di ingaggiare di nuovo le forze russe.

In serata da Mosca il portavoce del ministero della Difesa Igor Konashenkov ha confermato una per una le anticipazioni degli analisti israeliani, precisando che in un mese i piloti di Mosca hanno volato in un mese 6.000 volte, e che adesso tutti i caccia sono scortati da intercettori pronti ad abbattere aerei turchi che li minacciassero.

La capacità aerea messa in campo dalla Russia sta dando i suoi risultati, permettendo all’esercito siriano e alle milizie sciite di Hezbollah di avanzare verso nord. Attorno ad Aleppo i soldati di Assad ora controllano una collina strategica da cui possono colpire l’unico accesso tra i ribelli che controllano la città e la frontiera turca.

L’evoluzione della battaglia sul terreno ha quindi effetto diretto sul negoziato di Ginevra pace che non è neppure un “negoziato”, nel senso che le parti non si parlano direttamente e fino a ieri avevano anche difficoltà perfino a parlare con De Mistura. Ieri comunque alle 17 la delegazione dell’opposizione è entrata per la prima volta al Palais des Nations, la sede Onu, per vedere il rappresentante di Ban Ki Moon. È arrivato anche il caponegoziatore, quel Mohammed Alloush che fa parte dell’integralista “Esercito dell’Islam” che il governo di Damasco identifica come «gruppo terrorista».

A De Mistura l’opposizione ha consegnato una lista di 3.800 nomi di donne e bambini detenuti nelle carceri di Damasco che vorrebbero fossero liberati. Hanno ripetuto le loro richieste di interrompere gli assedi alle città, e forse su questa ultima richiesta potrebbe esserci qualche novità.

L’Onu ha infatti annunciato che il governo di Assad ha autorizzato l’accesso dei convogli con gli aiuti umanitari alla città assediata di Madaya: lo ha annunciato il portavoce dell’agenzia Onu per gli aiuti umanitari, Jens Laerke: «A Madaya e simultaneamente a Kefraya e al-Foua», dove i ribelli farebbero entrare gli aiuti.

Oggi invece è a Roma che si parlerà molto di Siria: John Kerry e Paolo Gentiloni guidano una riunione del gruppo di paesi che combatte l’Is in Iraq e Siria e si prepara a farlo in Libia.

Il segretario di Stato americano e il ministro degli Esteri italiano hanno anche avuto una colazione col ministro degli Esteri qatarino e con l’inviato Onu per la Libia, il diplomatico tedesco Martin Kobler.



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