Deficit, il confronto europeo In Italia cala dal 2009 a oggi ma gli altri lo tagliano di più

by Federico Fubini, Corriere della Sera | 29 Febbraio 2016 10:01

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Pochi argomenti negli ultimi anni sono stati oggetto di tante parole e di così scarsa sostanza in Italia come il deficit pubblico. Non sarà questa l’impressione di decine di milioni di contribuenti chiamati a grandi sacrifici personali per ridurlo. Né probabilmente è l’impressione di decine di governanti, i quali sul disavanzo e le relative tasse hanno messo in gioco carriere, reputazioni, eredità politiche. Non può essere un caso se Matteo Renzi non perde occasione per scagliarsi contro «l’austerità». Eppure esiste un altro punto di vista, quello della realtà letta attraverso i numeri. Osservata così la vicenda della finanza pubblica in Italia appare del tutto diversa: negli ultimi sette anni si è fatto un gran parlare del deficit dello Stato, eppure è successo poco. Poco, per la precisione, a confronto di qualunque altro governo dell’area euro entrato nella crisi con dei problemi di bilancio. In questo affollatissimo gruppo solo Malta e la Slovenia hanno risanato meno dell’Italia. Poco importa che lo sforzo degli italiani a questo scopo sia stato (e resti) debilitante per l’economia, le imprese, le famiglie. Il grafico in pagina, sulla base dei dati del Fondo monetario internazionale, riassume ciò che è successo negli ultimi sette anni. In particolare, mostra i punti cumulati di riduzione nel rapporto percentuale fra deficit e Pil fra il 2009 e il 2015. Il 2009 è il momento più difficile perché l’Europa, ancora sotto il trauma del crash di Lehman, deve far fronte all’esplodere delle bolle immobiliari in Spagna e Irlanda e delle frodi sui conti greci. In quel momento quindici dei diciannove Paesi oggi inclusi nell’euro hanno un deficit pubblico «eccessivo», cioè sopra al 3% del loro reddito di un anno (il Pil). In quell’anno sono tutti in recessione e il loro bilancio pubblico è nelle condizioni peggiori. Da allora però questi quindici prenderanno strade diverse. Ci sono governi che negli ultimi sette anni hanno ridotto il deficit di moltissimo, come l’Irlanda o la Grecia (per quest’ultima un risultato stupefacente, raggiunto malgrado un crollo del Pil del 29,5%). Altri governi hanno tagliato il disavanzo pubblico di molto, come Portogallo, Spagna o Slovacchia. Altri ancora lo hanno fatto un po’, e fra questi Olanda, Francia e Austria. Infine c’è il gruppo che ha risanato meno di tutti negli ultimi sette anni, cioè ha coperto meno punti di riduzione del passivo di bilancio rispetto al Pil. L’Italia è fra questi. È dietro al Belgio e davanti solo Slovenia e Malta. Naturalmente c’è una buona ragione per un’asimmetria del genere: il punto di partenza nel 2009 è diverso, alcuni governi avevano deficit al 10% o al 7% del Pil e dovevano coprire molta più strada. È stato il caso di Spagna, Portogallo, Francia e Irlanda. Il fatto che Madrid o Parigi o Lisbona ancora oggi abbiano deficit più alti di Roma dipende dal diverso livello di partenza nel 2009, ma non implica che oggi quei tre crescano più dell’Italia perché praticano meno «austerità». Al contrario negli ultimi sette anni Spagna, Portogallo e Francia hanno raddrizzato il bilancio più dell’Italia anche in termini strutturali, cioè al netto della congiuntura economica. In realtà l’Italia ha risanato meno anche di altri Paesi che sette anni fa avevano un deficit simile (attorno al 5% del Pil) come Austria, Belgio, Cipro o Olanda. E comunque aveva anch’essa un interesse pressante a farlo, visto il debito pubblico fuori da tutte le medie. Per capire perché un Paese che ha parlato (e sofferto) tanto di austerità abbia fallito così clamorosamente gli obiettivi, forse dunque bisogna guardare altrove. Per esempio all’andamento dell’economia nello stesso periodo. Negli ultimi sette anni l’Italia, che è terzultima per la riduzione del deficit, lo è anche per i risultati del Pil. Solo Cipro e la Grecia decrescono ancora di più. Altri Paesi che hanno corretto il deficit maggiormente – Spagna e Francia su tutti – sono andati molto meglio anche sulla crescita. È probabile dunque che l’economia italiana non sia andata male perché i governi hanno ridotto troppo il deficit, ma che il deficit sia sceso poco perché l’economia resta bloccata.
Cercare di risanare un bilancio pubblico sulla base di un sistema produttivo malato ormai è uno sforzo vano. Se questo fosse vero, per rilanciare la ripresa allora non basterebbe ridurre il deficit più lentamente, o per nulla. Aiuterebbero soprattutto tante misure che il governo ha già varato per cercare di rivitalizzare il sistema produttivo. E tante altre delle quali, per adesso, ha soltanto parlato.
Federico Fubini
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