by Teodoro Andreadis Synghellakis, il manifesto | 27 Febbraio 2016 9:11
In molti si mettono in marcia verso il confine della Macedonia che però resta chiuso. Dalla Ue solo inutili appelli agli Stati. Tsipras abbandonato a gestire la crisi umanitaria dei rifugiati. Scontro con Vienna dopo la chiusura dellle frontiere. Respinto il ministro dell’interno
Più di ventimila profughi sono bloccati in Grecia, a causa della parziale chiusura delle frontiere decisa dalle autorità dell’ex Repubblica Jugoslava di Macedonia. Nella sola regione dell’Attica, ieri, il numero di profughi superava i settemilacinquecento. Nell’isola di Lesbo, ieri sono sbarcati settecento persone, salvate da navi della guardia costiera greca e di Frontex, mentre nel Dodecanneso vengono momentaneamente ospitati altri 482 «disperati del mare».
Si tratta di numeri destinati a crescere nel corso dei prossimi giorni, a causa della forte instabilità creatasi per la mancanza di solidarietà europea. In Grecia si spera in un possibile cambio di rotta, e si è voluto dare un certo peso alle dichiarazioni della rappresentante della commissione per le questioni migratorie, Natasha Bertaud, la quale sottolineato che si sta approntando un meccanismo di aiuti e di sostegno straordinario, in modo che la Grecia non si debba trovare ad affrontare una vera crisi umanitaria. Ed il giorno dopo la decisione di richiamare per consultazioni l’ambasciatrice greca a Vienna, il governo Tsipras ha risposto negativamente alla richiesta della ministro degli interni austriaca Iohanna Mikl–Leitner, di visitare la Grecia la prossima settimana.
L’esecutivo guidato da Syriza le ha fatto sapere che per poter accettare la sua richiesta, dovranno prima venire revocate tutte le decisioni prese al Vertice tenutosi a Vienna. Bisognerà permettere, cioè, alle famiglie dei profughi d passare attraverso i Balcani e rispettare quanto si sono impegnati a fare tutti i paesi membri dell’Ue per le riallocazioni. La Grecia giudica semplicemente assurdo che le strategie per la gestione di questa emergenza, vengano decise da partner dell’Unione, assieme a paesi che non ne fanno parte, lasciando Atene fuori da questo dialogo e adottando, al contrario, decisioni che la danneggiano seriamente.
Il governo greco e le comunità locali cercano di attrezzarsi al meglio per fare fronte ai bisogni più immediati: al porto del Pireo si stanno moltiplicando i centri di accoglienza, nei vari terminal. Il ministro della marina mercantile, Thodorìs Dritsas, da parte sua, ha annunciato che una parte dei profughi, almeno per il week end, rimarrà nei centri di prima accoglienza delle isole dell’Egeo, in attesa che nella più vasta area della capitale possano essere allestite nuove strutture. Questo, però, dovrà avvenire senza portare al collasso la pressione nelle isole, dove i cittadini hanno mostrato, sinora, un grandissimo spirito di solidarietà. La Grecia, in pratica-in una situazione che risulta sempre più difficile decifrare in modo logico- sta pagando la sola «colpa» di essere il paese dell’Unione più vicino alle aree di crisi, quello più facilmente raggiungibile dai barconi dei disperati che fuggono dalla guerra e dalla miseria. Nel frattempo, il governo, assieme ad associazioni di categoria dei commercianti, di artigiani e industriali, ha iniziato una raccolta di generi di prima necessità – vestiti, alimenti non deperibili e prodotti per l’igiene personale- in modo da non farsi trovare impreparati nei prossimi giorni.
Ma è chiaro che la situazione è difficilmente gestibile, anche perché i profughi arrivati in Grecia vogliono proseguire il loro viaggio, nella speranza di arrivare nei paesi dell’Europa settentrionale. Tsipras si è incontrato, ieri, con il presidente del gruppo socialisti e democratici al Parlamento Europeo Gianni Pittella, il quale ha voluto esprimere solidarietà ad Atene. Ha nuovamente sottolineato che è impensabile lasciare la Grecia da sola, davanti ad una crisi di queste dimensioni. Tsipras, da parte sua, ha ribadito che «la solidarietà, in Europa, non può finire dove iniziano i sondaggi» e che la vera chiave di volta per affrontare il problema si trova nel contrasto dei trafficanti, che si agiscono sulle coste della Turchia. Una questione che la Grecia è intenzionata a porre con forza al nuovo vertice straordinario dei capi di stato e di governo dell’Unione, fissato per il 7 marzo. Nel frattempo, però, molti profughi stanno iniziando ad abbandonare i centri di prima accoglienza per mettersi in marcia, a piedi, verso la frontiera con la Ex Repubblica Jugoslava di Mecedonia.
Nella speranza di passare attraverso zone di montagna non controllate dalle guardie, nel corso della notte, e poter così proseguire –non si sa bene come- il proprio viaggio. Per capire quanto assurdo e incomprensibile sia l’atteggiamento di questa Europa, oggi colpevolmente assente, basta dire che secondo Medici Senza Frontiere un terzo dei profughi presenti sul territorio greco, è costituito da minorenni. A questi bambini e adolescenti, in queste ore, gran parte dell’Unione ha deciso di sbattere la porta in faccia.
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2016/02/81996/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.