Droni. I raid scatteranno fra una settimana Necessario un via libera tempestivo
by Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera | 24 Febbraio 2016 10:58
Le ricognizioni sono già iniziate da un mese, le incursioni cominceranno la prossima settimana. L’accordo con gli Stati Uniti per il decollo da Sigonella dei droni da impiegare in Libia è già operativo. E impegna il governo italiano ad autorizzare «tempestivamente» la missione di fronte alla richiesta del comando militare statunitense. Si potrà infatti agire soltanto «in caso di pericolo» per difendere civili e militari che sono sul campo, dunque l’ordine per l’avvio dell’azione dovrà arrivare in tempi brevissimi. Sono undici gli aerei che potranno essere impiegati, tutti con missili Hellfire , guidati da un’unica centrale di controllo. L’accordo, siglato al termine di un negoziato durato nove mesi e gestito direttamente dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, rappresenta una svolta perché – pur non prevedendo la partecipazione «in teatro» – mette l’Italia in prima linea contro l’Isis. Non ci sarà da parte del nostro contingente alcuna partecipazione diretta sul campo perché, come è stato ripetuto più volte, il nostro Paese si muoverà esclusivamente all’interno della cornice stabilita dalle Nazioni Unite che media per la costituzione del governo libico. Ma è comunque un salto di qualità e infatti nelle ultime ore il dispositivo di sicurezza antiterrorismo è stato rafforzato.
La trattativa
Il primo incontro con il segretario alla Difesa Ash Carter risale all’8 maggio scorso, durante il Chief European Navies che si svolge a Napoli. L’istanza degli Usa è chiara: poter utilizzare liberamente la base di Sigonella. Richiesta inaccettabile per l’Italia che pone le prime condizioni e le ribadisce il 6 ottobre scorso, durante l’incontro bilaterale che si svolge proprio nella base militare siciliana. La controproposta del governo di Roma prevede un’autorizzazione «volta per volta» e condiziona l’intervento a un «rischio concreto» per chi si trova sul territorio libico. L’elenco comprende tutte le postazioni dei soldati, ma anche le sedi diplomatiche, gli ospedali, le scuole e naturalmente i siti strategici che dovessero risultare nel mirino dei terroristi dell’Isis.
Gli Stati Uniti provano a rilanciare, la partita si chiude il 10 febbraio scorso durante il vertice dei responsabili della Difesa con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a Bruxelles. L’accordo riservato concede l’utilizzo di Sigonella per missioni «di difesa». E infatti per l’attacco a Sabrata che mirava a colpire una postazione dei terroristi di venerdì scorso è stata utilizzata una base del Regno Unito .
Gli armamenti
Gli Stati Uniti possono contare sull’uso di sei Global Hawk e cinque Predator B. I primi possono trasportare soltanto due missili, gli altri hanno una «portata» da quattro Agm-114 Hellfire in su. Vuol dire che possono agire a ripetizione sugli obiettivi individuati e partecipare alla missione per tutta la durata. La scelta di Sigonella non è casuale perché viene ormai ritenuta «strategica dai comandi anche stranieri che vogliono essere parte attiva nell’impegno in Libia», e definita l’«occhio vigile dell’alleanza». Sino a ieri i droni decollati dalla Sicilia sono stati impiegati soltanto in volo ricognitivo, una modalità che sarà modificata nelle prossime ore, appena verranno tutti armati.
Le regole di ingaggio
La procedura concordata tra Roma e Washington prevede una richiesta specifica per ogni intervento che il comandante americano dovrà rivolgere a quello italiano. Per l’autorizzazione alla partenza sarà «indispensabile» il via libera del governo nella persona del ministro della Difesa. Unica condizione: la massima urgenza. Secondo l’accordo «i criteri di impiego riguardano esclusivamente profili difensivi, ed in particolare di protezione delle Forze americane e alleate in scenari ipotetici che costituiscono comunque esemplificazione del principio di legittima difesa».
Vuol dire che dopo aver intercettato un eventuale piano di aggressione dell’Isis verso un obiettivo, si deve intercettare e abbattere il commando, dunque si gioca sul filo della «tempestività». L’Italia si è comunque lasciata aperta una possibilità di veto. Al momento della comunicazione della missione da parte statunitense il Comando militare italiano dovrà infatti valutare che sia «conforme alle intese operative» e se non risponde ai criteri stabiliti avrà la possibilità di ordinarne la sospensione.