La Fiera del libro a Cuba, nonostante 55 anni di embargo

La Fiera del libro a Cuba, nonostante 55 anni di embargo

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Havana. Come tutte le fiere del libro in giro per il mondo, anche quella dell’Havana, è molto più o non solo una grande libreria.

A Cuba, complice il tempo, la fiera si trasforma in una sorta di grande luna park dove le famiglie possono non solo acquistare libri, ma anche trascorrere la giornata tra le vecchie mura del forte de La Cabaña, rifocillandosi all’aria aperta in uno dei tanti baracchini che vengono brochetas (spiedini), tamales (sorta di polentine lesse impacchettate nella stessa foglia della pannocchia), arroz con frijoles (riso con fagioli) e platano (banana) fritto.

La Fiera ha aperto i battenti l’11 febbraio e da allora il flusso di gente è stato continuo e massiccio. Il record di presenze (complice San Valentino) è stato certamente raggiunto lo scorso fine settimana, ma anche nei giorni feriali La Cabaña è stato preso, pacificamente, d’assalto. Oggi (sabato) e domani, ultimi due giorni di kermesse, si prevede il pienone.

Il paese invitato d’onore a questa Fiera è stato l’Uruguay che ha presentato diversi autori e una serie di iniziative, musicali, cinematografiche e teatrali molto partecipate. Con 300 partecipanti tra editori, scrittori e ospiti stranieri, la Fiera di quest’anno, la numero 25, si proponeva diverse e ambiziose innovazioni. In realtà i problemi cronici rimangono, a cominciare dall’assenza di molti dei libri annunciati come “novità editoriali” pubblicate proprio in occasione della grande kermesse. Più di uno scrittore cubano è rimasto deluso (e i suoi lettori a bocca asciutta) nell’apprendere il giorno stesso della presentazione del suo libro, che in realtà il prezioso e atteso oggetto non sarebbe arrivato. E’ difficile comprendere perché libri  inseriti nel piano di uscite di una casa editrice non siano stati stampati in tempo per la Fiera. Una delle ragioni è senza dubbio la difficoltà nel reperire (ovvero importare) la carta, a causa del bloqueo (l’embargo) statunitense in vigore ormai da 55 anni. Però le ragioni sono anche altre: la programmazione delle case editrici infatti è spesso un desiderata e non un reale impegno alla pubblicazione di questo o quel volume. In gioco entrano altre considerazioni, che hanno a che vedere con quello che qui chiamano cumplir el plan, ovvero realizzare il piano annuale di lavoro. Che in generale significa che una casa editrice, per esempio, in un anno deve stampare 10 mila libri. Questo è il suo “obiettivo”, il task fissato dallo Stato che sovvenziona le 10 mila copie. In generale le 10 mila copie si dividono tra le varie proposte di uscita che una casa editrice ha programmato per quell’anno, ma molto spesso il meccanismo si inceppa. Se per esempio tra le uscite c’è un libro sul baseball, lo sport nazionale, l’editore sa che va sul sicuro puntando su tirate anche di diverse migliaia di copie. Ma naturalmente se si stampano 5000 copie del libro sul baseball, ne rimangono altrettante per cumplir el plan ovvero per raggiungere l’obiettivo fissato. I titoli programmati però sono però 10, per esempio, e allora si pone il problema di come far rientrare tutti in una tiratura di 5000 copie. Inevitabilmente, una volta stampata la copia numero 10 mila, la casa editrice considera assolto il suo dovere dell’anno, con buona pace dei titoli che restano esclusi (slittando all’anno successivo), nonostante fossero inseriti nel piano di uscite. Si può immaginare le decine di titoli ormai giacenti in attesa di pubblicazione.

E’ un meccanismo abbastanza ostico da comprendere per un osservatore straniero, una delle tante peculiarità del socialismo cubano. Però tant’è, con il risultato che molti dei volumi che uno aveva appuntato nella sua lista dei desideri, lì – nel pezzo di carta – sono destinati a rimanere alla fine della maratona tra gli stand.

Detto questo e superata la frustrazione, non si può non farsi prendere dall’entusiasmo quando si leggono i prezzi dei libri. La cultura – ha sempre difeso la Rivoluzione – deve essere accessibile a tutti. E sì, qui lo è, pur se la scelta e la varietà dell’offerta sono limitate. Un libro può costare tra gli 8 e i 30 pesos, cioè tra i 30 centesimi di euro e un euro e 30.  Per la gioia dei lettori più avidi.

La Fiera dell’Havana naturalmente offre come le altre ferie decine di occasioni per conoscere da vicino gli autori più amati. Le varie presentazioni di libri, dibattiti, premiazioni, letture per 10 giorni trasformano la città in una sorta di grande salotto letterario. Oltre alla Cabaña infatti la Fiera si estende in altre sedi nella città, soprattutto nel centrale quartiere del Vedado. La visita alla Fiera (il biglietto d’ingresso giornaliero costa 3 pesos, 3 centesimi di euro, il pass per i 10 giorni 20 pesos, 80 centesimi) si converte in una occasione di festa per le famiglie, una giornata all’aperto, lontana dai problemi quotidiani.

Passeggiando per gli stand delle case editrici cubane inevitabilmente ci si rende conto del numero limitato di titoli offerti: la quasi totalità è di autori cubani, ma si trovano anche alcuni scrittori latinoamericani (la lingua comune, aiuta). Quasi assente invece la letteratura non di lingua spagnola. Le traduzioni sono scarsissime. Chiacchierando di una possibile presenza irlandese alla Fiera del 2017, la presidenta dell’Istituto Cubano del Libro, Zuleica Romay Guerra, ci ricorda che “l’ultimo irlandese tradotto e pubblicato a Cuba è stato James Joyce”.

I problemi nella traduzione di libri stranieri sono evidentemente moltissimi per Cuba: l’alto costo dei diritti, le difficoltà nella gestione con gli agenti letterari, le royalties. La conversazione con Zuleica rende ancora più esplicito il fatto che la concezione cubana della cultura (che deve essere accessibile a tutti, perché non è un hobby ma elemento fondante nella formazione della persona) è qualcosa di totalmente marziano se trasferito all’Europa (quasi nel suo complesso, eccezione lodevole proprio l’Irlanda) dove i prezzi dei libri hanno trasformato ormai la lettura in un “hobby” per pochi privilegiati. Ma lo stesso discorso si può fare per il cinema: una prima visione in Italia costa anche 10 euro. A Cuba 2 pesos (2 centesimi di euro). E per la musica: i concerti a Cuba costano tra i 50 centesimi e i 2 euro, e uno spettacolo di danza classica 10 pesos (8 centesimi di euro).

Altro discorso, chiaramente, è quello che riguarda la “qualità” della lettura (o della musica e del cinema).

In questa Fiera, ed è un dato su cui riflettere, probabilmente gli stand più frequentati sono stati quelli messicani e peruviani. Case editrici (?) che vivono del merchandising: magliette di Messi e Ronaldo, calendari del Barcelona o del Real Madrid, quaderni, penne, diari dei giocatori di football più amati o delle varie Hello Kitty (magari versione messicana). I giovanissimi si accalcavano per ore instancabili alla ricerca di qualche oggetto con il loro “idolo” in copertina.

Una proposta di modelli ormai globalizzata e che non conosce frontiere né bloqueos.

 

 



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