Spiragli di tregua in Siria. Via libera agli aiuti umanitari
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GAZIANTEP Segnali di tregua per la Siria. Ieri a Monaco l’incontro dei Paesi Sostenitori della Siria avrebbe portato ad un accordo per la fine delle ostilità entro una settimana e l’accesso degli aiuti umanitari in alcune zone del Paese entro questo weekend. Una giornata convulsa con lo scontro, in precedenza, tra la proposta russa di continuare le operazioni militari sino al cessate il fuoco, che Mosca voleva per il primo marzo, e invece l’urgenza Usa di imporre subito il cessate il fuoco. Washington, assieme agli alleati occidentali e il fronte arabo sunnita guidato da Riad, teme infatti che nelle prossime due settimane la nuova superiorità di Damasco riduca in briciole le formazioni della guerriglia non Isis, che dal 2011 lottano per defenestrare Assad. Ci sono stati colloqui anche tra l’Alto commissario Ue, Mogherini, e il ministro degli Esteri russo, Lavrov.
Quella siriana rischia di trasformarsi da crisi umanitaria a catastrofe priva di controllo. Sono il brusco peggioramento delle violenze e la conseguente fuga massiccia di profughi causati dai bombardamenti russi in Siria che spingono la comunità internazionale e i Paesi coinvolti a reagire con misure eccezionali. Si muovono le flotte, le diplomazie picchiano i pugni sul tavolo. A mali estremi, estremi rimedi è dunque il principio che ha spinto ieri la Nato ad inviare in tutta fretta una squadra navale (tra 3 e 5 unità) nell’Egeo sotto comando tedesco.
La richiesta era giunta con urgenza lunedì da Turchia, Grecia e Germania durante la riunione a Bruxelles dei ministri della Difesa dei Paesi alleati. Le navi sono già in partenza, le prime a muoversi sono quelle della Seconda Squadra ancorate a Cipro. I dettagli del loro mandato sono ancora in elaborazione, verranno definiti nelle prossime ore. «Non sarà una missione destinata a bloccare o rimandare indietro i battelli dei migranti. Servirà piuttosto a raccogliere informazioni critiche per la sorveglianza e combattere i trafficanti di esseri umani», ha specificato ieri il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Loro prima destinazione saranno i tratti di mare tra la costa turca e le isole greche di Lesbo e Kos, dove negli ultimi mesi più fitto è stato il traffico di migranti. L’agenzia profughi dell’Onu documenta che dal 1° gennaio sono già 75.000 quelli arrivati sulle coste greche, oltre il 45 per cento siriani, e tra loro almeno 400 sarebbero annegati. Una tipologia di intervento senza precedenti per la Nato, ovviamente legata al peggiorare della situazione in Siria, dove decine di migliaia di civili stanno confluendo verso la Turchia. «Potremmo arrivare a oltre 600.000 disperati se la Russia dovesse continuare a bombardare e provocare la caduta di Aleppo», ha esclamato ieri il presidente turco Erdogan.
Secondo alcune interpretazioni, la missione Nato è però diversa da quella europea in corso al largo delle coste italiane, nella quale i guardiacoste accompagnano i migranti sulle nostre spiagge. In ogni caso, non ci saranno navi italiane nell’Egeo. «La nostra presenza non è stata neppure richiesta», ha specificato la ministra per la Difesa, Roberta Pinotti.
Ma all’attivismo Nato non corrispondeva una simile unità d’intenti sul piano diplomatico. Fino ai segnali positivi di ieri dal vertice di Monaco di Baviera.
Lorenzo Cremonesi
Quella siriana rischia di trasformarsi da crisi umanitaria a catastrofe priva di controllo. Sono il brusco peggioramento delle violenze e la conseguente fuga massiccia di profughi causati dai bombardamenti russi in Siria che spingono la comunità internazionale e i Paesi coinvolti a reagire con misure eccezionali. Si muovono le flotte, le diplomazie picchiano i pugni sul tavolo. A mali estremi, estremi rimedi è dunque il principio che ha spinto ieri la Nato ad inviare in tutta fretta una squadra navale (tra 3 e 5 unità) nell’Egeo sotto comando tedesco.
La richiesta era giunta con urgenza lunedì da Turchia, Grecia e Germania durante la riunione a Bruxelles dei ministri della Difesa dei Paesi alleati. Le navi sono già in partenza, le prime a muoversi sono quelle della Seconda Squadra ancorate a Cipro. I dettagli del loro mandato sono ancora in elaborazione, verranno definiti nelle prossime ore. «Non sarà una missione destinata a bloccare o rimandare indietro i battelli dei migranti. Servirà piuttosto a raccogliere informazioni critiche per la sorveglianza e combattere i trafficanti di esseri umani», ha specificato ieri il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. Loro prima destinazione saranno i tratti di mare tra la costa turca e le isole greche di Lesbo e Kos, dove negli ultimi mesi più fitto è stato il traffico di migranti. L’agenzia profughi dell’Onu documenta che dal 1° gennaio sono già 75.000 quelli arrivati sulle coste greche, oltre il 45 per cento siriani, e tra loro almeno 400 sarebbero annegati. Una tipologia di intervento senza precedenti per la Nato, ovviamente legata al peggiorare della situazione in Siria, dove decine di migliaia di civili stanno confluendo verso la Turchia. «Potremmo arrivare a oltre 600.000 disperati se la Russia dovesse continuare a bombardare e provocare la caduta di Aleppo», ha esclamato ieri il presidente turco Erdogan.
Secondo alcune interpretazioni, la missione Nato è però diversa da quella europea in corso al largo delle coste italiane, nella quale i guardiacoste accompagnano i migranti sulle nostre spiagge. In ogni caso, non ci saranno navi italiane nell’Egeo. «La nostra presenza non è stata neppure richiesta», ha specificato la ministra per la Difesa, Roberta Pinotti.
Ma all’attivismo Nato non corrispondeva una simile unità d’intenti sul piano diplomatico. Fino ai segnali positivi di ieri dal vertice di Monaco di Baviera.
Lorenzo Cremonesi
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