Elette ma segregate in un’altra sala, l’ira delle saudite
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È haram , è proibito. Donne e uomini non possono stare insieme. Nemmeno nei consigli provinciali. E nemmeno se le donne sono state regolarmente elette. Accade a Gedda, in Arabia Saudita, dove a due consigliere è stato ordinato di sedere in una stanza separata dai colleghi maschi. Per comunicare, solo sms, e-mail e un sistema di telecamere a circuito chiuso.
Secondo il quotidiano britannico Times , le due consigliere avrebbero provato ad opporsi alla misura, ma sono state immediatamente messe a tacere da ministri del governo. «Così ci rendono il lavoro davvero difficile», ha spiegato timidamente una delle due, Rasha Hafza. La denuncia arriva al Wall Street Journal anche dall’attivista per i diritti delle donne Samar Fatany: «Prima le hanno sfruttate per farsi pubblicità e ora le emarginano».
Dopo le storiche elezioni dello scorso dicembre, per la prima volta alle donne è stato permesso di votare e iscriversi alle liste. Un diritto concesso dal defunto re Abdullah nel 2011. Su 987 solo 17 sono riuscite a guadagnarsi un seggio. Inoltre, alle candidate era stato vietato farsi fotografare e fare comizi pubblici di fronte agli uomini. Ma in un Paese che ancora proibisce alle sue cittadine di guidare e di mostrarsi in pubblico senza velo, l’accesso alle liste locali era sembrato un grande passo in avanti.
La segregazione fisica all’interno dei consigli riporta dunque le lancette indietro. «A questo punto penso che non volessero veramente che le donne vincessero alle elezioni», sostiene Hatoon Al Fassi, fondatrice del gruppo per i diritti delle donne Baladi. Le resistenze della comunità saudita sono ancora molto forti. A fronte di un 60 per cento di laureate, solo 15 su 100 lavorano e di queste la quasi totalità sono maestre nelle scuole femminili. Come dire che il suffragio femminile è in questo caso solo una facciata, dietro cui nascondere una discriminazione lontana dall’essere superata.
Tuttavia è dalle giovani che arriva un segnale di speranza. Secondo il GlobalWebIndex, «in Arabia Saudita sono ben 11 milioni gli utenti dei social e quasi la metà di loro possiede un account Instagram». Profili che le donne stanno usando per fare impresa e vendere prodotti artigianali, dal cibo fino ai vestiti. Regolarizzare queste attività potrebbe aiutare a diminuire la percentuale di disoccupazione femminile, molto più di un seggio in un consiglio provinciale.
Marta Serafini
Secondo il quotidiano britannico Times , le due consigliere avrebbero provato ad opporsi alla misura, ma sono state immediatamente messe a tacere da ministri del governo. «Così ci rendono il lavoro davvero difficile», ha spiegato timidamente una delle due, Rasha Hafza. La denuncia arriva al Wall Street Journal anche dall’attivista per i diritti delle donne Samar Fatany: «Prima le hanno sfruttate per farsi pubblicità e ora le emarginano».
Dopo le storiche elezioni dello scorso dicembre, per la prima volta alle donne è stato permesso di votare e iscriversi alle liste. Un diritto concesso dal defunto re Abdullah nel 2011. Su 987 solo 17 sono riuscite a guadagnarsi un seggio. Inoltre, alle candidate era stato vietato farsi fotografare e fare comizi pubblici di fronte agli uomini. Ma in un Paese che ancora proibisce alle sue cittadine di guidare e di mostrarsi in pubblico senza velo, l’accesso alle liste locali era sembrato un grande passo in avanti.
La segregazione fisica all’interno dei consigli riporta dunque le lancette indietro. «A questo punto penso che non volessero veramente che le donne vincessero alle elezioni», sostiene Hatoon Al Fassi, fondatrice del gruppo per i diritti delle donne Baladi. Le resistenze della comunità saudita sono ancora molto forti. A fronte di un 60 per cento di laureate, solo 15 su 100 lavorano e di queste la quasi totalità sono maestre nelle scuole femminili. Come dire che il suffragio femminile è in questo caso solo una facciata, dietro cui nascondere una discriminazione lontana dall’essere superata.
Tuttavia è dalle giovani che arriva un segnale di speranza. Secondo il GlobalWebIndex, «in Arabia Saudita sono ben 11 milioni gli utenti dei social e quasi la metà di loro possiede un account Instagram». Profili che le donne stanno usando per fare impresa e vendere prodotti artigianali, dal cibo fino ai vestiti. Regolarizzare queste attività potrebbe aiutare a diminuire la percentuale di disoccupazione femminile, molto più di un seggio in un consiglio provinciale.
Marta Serafini
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