La leader della destra tedesca: «La polizia spari ai profughi»
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BERLINO Profughi, profughi, profughi. Sembra non esserci altro, da mesi, in Germania. Ieri, l’indignazione ha raggiunto livelli elevati per ciò che ha sostenuto Frauke Petry. In un’intervista per radio, la leader del partito anti immigrati Alternative für Deutschland (AfD) aveva detto che le guardie di confine «devono prevenire l’attraversamento illegale delle frontiere e se necessario anche usare armi da fuoco». Questa la sua idea per «prevenire» che gli illegali e i non aventi diritto di asilo entrino in Germania. In Europa, la sua proposta non manca di sostenitori: ritengono che la minaccia delle armi sarebbe un disincentivo a entrare nel continente.
In Germania ha però provocato soprattutto reazioni forti. Il vicecancelliere e leader dei socialdemocratici Sigmar Gabriel ha detto al quotidiano Bild che i dirigenti dell’AfD non dovrebbero essere ammessi a parlare nelle radio pubbliche: piuttosto, di loro dovrebbero occuparsi «i servizi di sicurezza». Cioè andrebbero trattati come la Germania fa con i neonazisti: sorvegliati continuamente dall’intelligence. Il divieto di parlare sui media pubblici non vale — ha chiarito Gabriel — «per richieste bizzarre, come l’invito di Petry a tutte le donne di avere almeno tre figli. È che la signora vuole che si spari a rifugiati disarmati». Molti altri politici e i capi della polizia hanno condannato le affermazioni. Anche perché non vengono da una militante isolata: nei sondaggi più recenti, l’AfD è data come terzo partito, tra il 10 e il 12%, enormemente cresciuta proprio grazie alle sue posizioni anti immigrati. Molti pensano che si tratti di una bolla destinata a sgonfiarsi quando la crisi dei rifugiati sarà meno acuta: lo ha per esempio sostenuto Peter Altmaier, capo della cancelleria, l’uomo forse più vicino a Angela Merkel.
Il punto interrogativo è che non si sa quando la crisi recederà. Interessante che l’AfD tenda ad avere più seguaci negli Stati ex socialisti della Germania Est (Ddr) che nell’Ovest. La stessa Petry è nata a Dresda in piena Guerra Fredda. «Le sue proposte ricordano gli ordini di sparare nella Ddr», ha detto il capo dei parlamentari socialdemocratici, Thomas Oppermann: l’ultimo leader che ordinò di sparare su persone disarmate fu Erich Honecker, appunto il capo della Germania Est. Sul tema rifugiati, in effetti, la sensibilità dei cittadini dei Paesi ex socialisti dell’Europa dell’Est sembra in generale diversa, decisamente più chiusa, di quella dei cittadini dell’Ovest: il minore benessere probabilmente conta ma anche la cultura diffusa e la narrazione accomodante del proprio passato nazionale hanno un peso.
Frau Merkel continua a cercare di abbassare il livello di preoccupazione dei tedeschi. Sabato ha sostenuto che la maggior parte dei rifugiati lascerà la Germania una volta che la situazione in Siria sarà pacificata. Così successe per i profughi dalla Jugoslavia negli anni Novanta: il 70% tornò a casa. La situazione siriana però è diversa: la crisi andrà avanti anche dopo la sconfitta dell’Isis, tra l’altro in un Paese distrutto anche dal punto di vista fisico. Inoltre, la rassicurazione della cancelliera ha il rischio serio di togliere l’attenzione dalla necessità di integrare i profughi, in attesa che se ne vadano. È la Germania alle prese con la più grande sfida dal dopoguerra.
Danilo Taino
In Germania ha però provocato soprattutto reazioni forti. Il vicecancelliere e leader dei socialdemocratici Sigmar Gabriel ha detto al quotidiano Bild che i dirigenti dell’AfD non dovrebbero essere ammessi a parlare nelle radio pubbliche: piuttosto, di loro dovrebbero occuparsi «i servizi di sicurezza». Cioè andrebbero trattati come la Germania fa con i neonazisti: sorvegliati continuamente dall’intelligence. Il divieto di parlare sui media pubblici non vale — ha chiarito Gabriel — «per richieste bizzarre, come l’invito di Petry a tutte le donne di avere almeno tre figli. È che la signora vuole che si spari a rifugiati disarmati». Molti altri politici e i capi della polizia hanno condannato le affermazioni. Anche perché non vengono da una militante isolata: nei sondaggi più recenti, l’AfD è data come terzo partito, tra il 10 e il 12%, enormemente cresciuta proprio grazie alle sue posizioni anti immigrati. Molti pensano che si tratti di una bolla destinata a sgonfiarsi quando la crisi dei rifugiati sarà meno acuta: lo ha per esempio sostenuto Peter Altmaier, capo della cancelleria, l’uomo forse più vicino a Angela Merkel.
Il punto interrogativo è che non si sa quando la crisi recederà. Interessante che l’AfD tenda ad avere più seguaci negli Stati ex socialisti della Germania Est (Ddr) che nell’Ovest. La stessa Petry è nata a Dresda in piena Guerra Fredda. «Le sue proposte ricordano gli ordini di sparare nella Ddr», ha detto il capo dei parlamentari socialdemocratici, Thomas Oppermann: l’ultimo leader che ordinò di sparare su persone disarmate fu Erich Honecker, appunto il capo della Germania Est. Sul tema rifugiati, in effetti, la sensibilità dei cittadini dei Paesi ex socialisti dell’Europa dell’Est sembra in generale diversa, decisamente più chiusa, di quella dei cittadini dell’Ovest: il minore benessere probabilmente conta ma anche la cultura diffusa e la narrazione accomodante del proprio passato nazionale hanno un peso.
Frau Merkel continua a cercare di abbassare il livello di preoccupazione dei tedeschi. Sabato ha sostenuto che la maggior parte dei rifugiati lascerà la Germania una volta che la situazione in Siria sarà pacificata. Così successe per i profughi dalla Jugoslavia negli anni Novanta: il 70% tornò a casa. La situazione siriana però è diversa: la crisi andrà avanti anche dopo la sconfitta dell’Isis, tra l’altro in un Paese distrutto anche dal punto di vista fisico. Inoltre, la rassicurazione della cancelliera ha il rischio serio di togliere l’attenzione dalla necessità di integrare i profughi, in attesa che se ne vadano. È la Germania alle prese con la più grande sfida dal dopoguerra.
Danilo Taino
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