Tensione nel Golfo L’Iran blocca due navi americane

Tensione nel Golfo L’Iran blocca due navi americane

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NEW YORK. Dieci marinai Usa “arrestati” dall’Iran poche ore prima del discorso sullo Stato dell’Unione da parte di Barack Obama. Una crisi improvvisa, oppure un test del disgelo tra Usa e Iran? Ieri sera la Casa Bianca e il Pentagono di fronte all’incidente privilegiavano la seconda ipotesi, nelle reazioni a caldo dopo la cattura da parte dei Guardiani della Rivoluzione (pasdaran) di due imbarcazioni leggere della US Navy con a bordo i marinai, tra cui una donna. Nel pomeriggio di ieri i vertici della Difesa Usa avevano annunciato di avere “perso il contatto con due piccole navi militari in rotta tra il Kuwait e il Bahrain con dieci persone a bordo”. Le imbarcazioni sono state bloccate da navi militari delle Guardie della Rivoluzione e dirottate verso le isole Farsi, nel mezzo del Golfo Persico, in acque territoriali iraniane. La notizia ha creato allarme negli Stati Uniti, ma la tensione è sembrata allentarsi. In una telefonata al segretario di Stato John Kerry, il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif ha fornito rassicurazioni sul trattamento corretto dei militari, e ha promesso che sarebbero tornati liberi. Il luogo dell’incidente era tale da giustificare l’inquietudine di Washington. Dalla scorsa settimana il Golfo Persico è agitato dall’escalation di ostilità fra l’Arabia saudita (tradizionale alleato degli Stati Uniti) e l’Iran, dopo le esecuzioni di sciiti a Riad. Se si aggiunge la guerra geoeconomica del petrolio, la tensione tra Iran e Arabia è ai massimi, una situazione di nervi tesi che può complicare le previsioni sugli atti di ciascuno. In generale la frase “ostaggi nelle mani dell’Iran” evoca tremendi precedenti storici alla memoria degli americani, cioè la vicenda dell’ambasciata Usa di Teheran nel 1979. Ma per quanto riguarda le intercettazioni di navi nel Golfo da parte degli iraniani, sono un evento abbastanza frequente, e non di rado a lieto fine. Nel 2015 Obama ha inaugurato un cauto disgelo con l’Iran, dopo l’accordo sul programma nucleare. È vero che attorno all’applicazione di questo accordo continua a svolgersi uno scontro ai vertici del regime iraniano, dove i falchi ancora sperano di sabotare la normalizzazione delle relazioni con il “demonio” americano. A conferma che la fazione intransigente del regime iraniano non esita a usare le maniere forti, meno di due settimane fa c’era stata un’altra tensione con Washington per il lancio di razzi nelle vicinanze della portaerei USS Truman. Peraltro quel lancio, dichiarato illegale, è oggetto di sanzioni “separate” da quelle che verranno presto levate per l’accordo sul nucleare. I pasdaran ieri sera hanno confermato che le due imbarcazioni sono in loro possesso e che i marinai sono in buone condizioni. Hanno consentito un breve contatto telefonico di alcuni marinai con i loro comandanti. Le rassicurazioni fornite in serata a Kerry da Zarif non hanno convinto tutti, a Washington: il ministro degli Esteri iraniano con cui Kerry ha negoziato sul nucleare negli ultimi anni è considerato una colomba. In passato è accaduto che i pasdaran, che non dipendono dal ministero degli Esteri, agissero in autonomia rispetto al governo, rispondendo delle loro azioni direttamente alla guida suprema, l’ayatollah Khamenei. A febbraio sono previste in Iran elezioni cruciali, perché oltre al parlamento sarà rinnovato il consiglio che dovrà scegliere il successore del settantaseienne Khamenei. Ma ieri sera il Pentagono continuava a sdrammatizzare: dapprima ha fatto sapere che una delle navi Usa aveva avuto un guasto meccanico, poi ha evocato la possibilità che i marinai sarebbero rimasti per una notte in territorio iraniano, per aspettare le luci del giorno prima di essere liberati e riprendere la navigazione.



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