by ALESSANDRO OPPES, la Repubblica | 23 Gennaio 2016 8:58
MADRID. Rinuncia, ma non del tutto. Mariano Rajoy declina l’invito del re Felipe VI a presentarsi davanti al Parlamento per cercare di ottenere l’investitura che lo confermi per altri quattro anni alla guida del governo. Quando il monarca lo ha convocato ieri sera al palazzo della Zarzuela per proporgli l’incarico, il premier uscente e leader del Partito Popolare aveva ormai ben chiaro di non disporre dei numeri sufficienti: con i 123 seggi ottenuti dalla sua formazione alle legislative del 20 dicembre scorso, non basterebbe neppure il sostegno (per nulla scontato) dei 40 deputati centristi di Ciudadanos per arrivare alla soglia magica dei 176 voti, la metà più uno dei componenti delle Cortes. «Non rinuncio a niente», ha poi spiegato Rajoy, «ma ancora non ho gli appoggi». La sua proposta di una grande coalizione con i socialisti, ripetuta con insistenza nelle ultime settimane come «la soluzione più sensata », è stata respinta al mittente dal leader del Psoe, Pedro Sánchez, che preferisce provare a costruire un’alternativa di sinistra.
A lui, con ogni probabilità, il re Felipe VI assegnerà l’incarico dopo un nuovo giro di consultazioni con tutti i partiti che prenderà il via la prossima settimana. E non è detto che sia un compito facile. Soprattutto dopo la mossa presentata con grande astuzia ieri dal leader di Podemos, Pablo Iglesias. Senza neppure aver avviato un negoziato formale con il Psoe, Iglesias si è presentato al colloquio con il re (jeans e camicia bianca con le maniche rimboccate) per annunciare di essere pronto a entrare in un «governo di cambiamento e di progresso » con il socialista Sánchez come premier e lui nel ruolo di vice-presidente. Disponibile a una trattativa “trasparente”, da diffondere via streaming sul modello Grillo-Bersani. Un esecutivo allargato anche ai post-comunisti di Izquierda Unida (ma che avrebbe bisogno anche del sostegno o dell’astensione di altre formazioni per raggiungere la maggioranza parlamentare). Così, mentre Iglesias, circondato da tutti i suoi più stretti collaboratori — ed eventuali futuri ministri — annunciava la svolta in una conferenza stampa, Sánchez veniva informato della novità dallo stesso Felipe VI: «Sono entrato alla Zarzuela senza governo », ha scherzato, «e ho scoperto che tutti i ministri erano già stati nominati».
L’irruenza del numero uno di Podemos ha suscitato non poche perplessità all’interno del Psoe. Il sospetto, soprattutto di alcuni “baroni”, i potenti leader regionali del partito, è che Iglesias sia interessato, più che a una effettiva alleanza, a scaricare sui socialisti la responsabilità di un eventuale fallimento in vista di possibili, nuove elezioni anticipate. Ed è così che si spiega, probabilmente, l’inattesa rinuncia di Rajoy a cercare l’investitura. Il premier uscente spera che emergano i dissidi, latenti da tempo, all’interno del Psoe, che potrebbero mettere in seria difficoltà Sánchez soprattutto se Podemos insistesse nell’esigenza di organizzare un referendum indipendentista in Catalogna. A quel punto il leader popolare potrebbe ripartire alla carica con la sua proposta di una gran coalición.
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