Quattro ore di attacco: terrore a Giacarta
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TAIPEI Più di quattro ore di esplosioni e sparatorie nel centro di Giacarta hanno riportato il terrore in Indonesia e l’ombra lunga dell’Isis in Estremo Oriente. La catena di attacchi, forse coordinati da terroristi suicidi o forse causati dal cambiamento di obiettivo da parte del gruppo di fuoco, hanno lasciato sul terreno sette cadaveri e una ventina di feriti. Cinque dei morti erano terroristi, ha riferito la polizia; gli altri due un agente di polizia e un cittadino canadese. Tra i feriti un funzionario olandese dell’Onu che nella notte era dato in fin di vita.
L’azione è cominciata intorno alle 10.30 del mattino ora locale (le 4.30 in Italia) davanti a uno Starbucks nel quartiere di Thamrin, dove sono concentrate diverse ambasciate, la sede locale dell’Onu, uffici di multinazionali e centri commerciali frequentati da turisti. Il posto giusto per richiamare l’attenzione del mondo. Secondo una ricostruzione c’è stata una prima esplosione, attribuita a un kamikaze che si sarebbe fatto saltare; subito dopo sono stati uditi colpi di pistola e due del gruppo hanno preso in ostaggio dei clienti della caffetteria: un algerino e un canadese, trascinandoli via mentre sparavano contro altra gente in strada. Fatti pochi passi, i terroristi hanno rivolto le armi sugli ostaggi, uccidendo il canadese, mentre l’algerino ferito sarebbe riuscito a strisciare al riparo. All’arrivo della polizia gli attentatori avrebbero lanciato bombe a mano prima di essere abbattuti. Però, secondo un’altra ricostruzione, nella zona dello Starbucks la sparatoria è durata altre tre ore. Pochi minuti dopo il primo episodio, due terroristi in moto avrebbero dato l’assalto a una stazione di polizia a poche decine di metri e, respinti, si sarebbero fatti saltare in aria, ferendo in modo grave quattro agenti. In totale sono state contate cinque esplosioni nella zona, qualcuno dice sette, e sono stati poi trovati altri cinque ordigni inesplosi e due pistole.
All’inizio una tv locale aveva ripreso la voce secondo la quale i terroristi erano 14, ma nel pomeriggio la polizia ha smentito, affermando che i cinque terroristi morti erano i soli ad aver partecipato alle azioni. Il comandante della polizia di Giacarta dice che tre dei terroristi sono morti come kamikaze, ma a giudicare dalle immagini riprese dai telefonini di alcuni testimoni e rilanciate in tv, le esplosioni erano di bassa potenza, tali da far pensare a ordigni rudimentali che potrebbero essere scoppiati in mano agli attentatori.
Chi erano i cinque terroristi? Il capo della polizia, Tito Karnavian, dice che dietro l’attacco «c’è sicuramente l’Isis: volevano imitare gli stragisti di Parigi, avevamo ricevuto una minaccia dallo Stato Islamico e pensiamo che un cittadino indonesiano di nome Bahrun Naim, localizzato in Siria, abbia progettato questa operazione per diverso tempo». L’Isis ha rivendicato il nuovo orrore: «Soldati del Califfato hanno colpito in Indonesia l’alleanza crociata collocando ordigni e attaccando con armi leggere e cinture esplosive».
Si ritiene che tra i 500 e i 700 indonesiani abbiano raggiunto le forze dell’Isis in Iraq e Siria e da tempo le forze di sicurezza di Giacarta erano in allarme per un loro possibile ritorno in patria. In Indonesia, dove a partire dalla carneficina in un locale notturno di Bali nel 2002, l’allarme per il terrorismo islamico resta alto (davanti a tutti gli alberghi ci sono metal detector e barriere), sono state condotte nelle ultime settimane decine di retate e arresti, per stroncare sul nascere le nuove leve di estremisti. «Siamo nuovamente vittime del terrore, ma bisogna mantenere nervi saldi», ha detto il presidente indonesiano Joko Widodo. Ma i morti nelle strade della capitale rappresentano un nuovo colpo duro all’industria del turismo in Indonesia, che vale 23 miliardi di dollari l’anno e rappresentava nel 2014 il 3,2% del Pil.
Guido Santevecchi
L’azione è cominciata intorno alle 10.30 del mattino ora locale (le 4.30 in Italia) davanti a uno Starbucks nel quartiere di Thamrin, dove sono concentrate diverse ambasciate, la sede locale dell’Onu, uffici di multinazionali e centri commerciali frequentati da turisti. Il posto giusto per richiamare l’attenzione del mondo. Secondo una ricostruzione c’è stata una prima esplosione, attribuita a un kamikaze che si sarebbe fatto saltare; subito dopo sono stati uditi colpi di pistola e due del gruppo hanno preso in ostaggio dei clienti della caffetteria: un algerino e un canadese, trascinandoli via mentre sparavano contro altra gente in strada. Fatti pochi passi, i terroristi hanno rivolto le armi sugli ostaggi, uccidendo il canadese, mentre l’algerino ferito sarebbe riuscito a strisciare al riparo. All’arrivo della polizia gli attentatori avrebbero lanciato bombe a mano prima di essere abbattuti. Però, secondo un’altra ricostruzione, nella zona dello Starbucks la sparatoria è durata altre tre ore. Pochi minuti dopo il primo episodio, due terroristi in moto avrebbero dato l’assalto a una stazione di polizia a poche decine di metri e, respinti, si sarebbero fatti saltare in aria, ferendo in modo grave quattro agenti. In totale sono state contate cinque esplosioni nella zona, qualcuno dice sette, e sono stati poi trovati altri cinque ordigni inesplosi e due pistole.
All’inizio una tv locale aveva ripreso la voce secondo la quale i terroristi erano 14, ma nel pomeriggio la polizia ha smentito, affermando che i cinque terroristi morti erano i soli ad aver partecipato alle azioni. Il comandante della polizia di Giacarta dice che tre dei terroristi sono morti come kamikaze, ma a giudicare dalle immagini riprese dai telefonini di alcuni testimoni e rilanciate in tv, le esplosioni erano di bassa potenza, tali da far pensare a ordigni rudimentali che potrebbero essere scoppiati in mano agli attentatori.
Chi erano i cinque terroristi? Il capo della polizia, Tito Karnavian, dice che dietro l’attacco «c’è sicuramente l’Isis: volevano imitare gli stragisti di Parigi, avevamo ricevuto una minaccia dallo Stato Islamico e pensiamo che un cittadino indonesiano di nome Bahrun Naim, localizzato in Siria, abbia progettato questa operazione per diverso tempo». L’Isis ha rivendicato il nuovo orrore: «Soldati del Califfato hanno colpito in Indonesia l’alleanza crociata collocando ordigni e attaccando con armi leggere e cinture esplosive».
Si ritiene che tra i 500 e i 700 indonesiani abbiano raggiunto le forze dell’Isis in Iraq e Siria e da tempo le forze di sicurezza di Giacarta erano in allarme per un loro possibile ritorno in patria. In Indonesia, dove a partire dalla carneficina in un locale notturno di Bali nel 2002, l’allarme per il terrorismo islamico resta alto (davanti a tutti gli alberghi ci sono metal detector e barriere), sono state condotte nelle ultime settimane decine di retate e arresti, per stroncare sul nascere le nuove leve di estremisti. «Siamo nuovamente vittime del terrore, ma bisogna mantenere nervi saldi», ha detto il presidente indonesiano Joko Widodo. Ma i morti nelle strade della capitale rappresentano un nuovo colpo duro all’industria del turismo in Indonesia, che vale 23 miliardi di dollari l’anno e rappresentava nel 2014 il 3,2% del Pil.
Guido Santevecchi
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