Pensioni di reversibilità ancorate al reddito
Anche le pensioni di reversibilità verranno ancorate al reddito. È una delle conseguenze della razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale e previdenziale prevista dal ddl delega per il contrasto alla povertà approvato due giorni fa dal Consiglio dei ministri. Lo afferma Stefano Sacchi, commissario straordinario Isfol ed ex consulente del ministero del Lavoro: «L’intenzione del governo è di razionalizzare i criteri di accesso alle prestazioni esistenti». Tuttavia le nuove regole si applicheranno solo alle nuove erogazioni, mentre gli assegni già in essere non verranno modificati, assicura Sacchi. Il ddl precisa che verranno introdotti “principi di universalismo selettivo nell’accesso, secondo criteri unificati di valutazione della condizione economica in base all’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)”. Questo significa che, spiega Sacchi, se finora le pensioni di reversibilità sono state erogate sulla base del numero dei superstiti (per esempio se c’è solo il coniuge sopravvissuto viene erogato il 60% della pensione, ma se ci sono almeno due figli si arriva al 100%, a prescindere dal reddito dei beneficiari), invece adesso si passerà alla valuazione del reddito. Non si terrà conto invece della componente patrimoniale dell’Isee.
Le altre prestazioni sociali che verranno riviste alla luce della nuova normativa (i dettagli tuttavia non sono ancora noti, verranno messi a punto dal governo con i decreti legislativi) sono la pensione sociale, l’Asdi (il sussidio di disoccupazione) e la Sia (sostegno all’inclusione attiva). Del resto il ddl prevede una cabina di regia unificata che sovraintenderà a tutte le prestazioni di natura assistenziale (rimangono però escluse quelle destinate ai disabili e agli invalidi, per i quali continuano a valere le norme vigenti), che avrà sede presso il ministero del Lavoro e coinvolgerà i rappresentanti dell’Inps, delle Regioni e degli altri enti locali interessati.
Intanto sul fronte degli studi di settore, in vista della revisione e della riduzione nel corso di quest’anno del numero dei 204 modelli attualmente in vigore, l’Agenzia delle Entrate ha avviato una grande operazione trasparenza, pubblicando sul proprio sito tutti i dati, dal 2011 al 2014. L’elemento più evidente che emerge è una sempre maggiore discrepanza negli anni tra i valori di riferimento e le dichiarazioni: in media oltre una dichiarazione su tre non centra i parametri di “congruità”, e oltre la metà quelli di coerenza. L’obiettivo principale dell’operazione è quello di dare ai contribuenti interessati la possibilità di adeguarsi volontariamente ai requisiti previsti dal Fisco, una spinta all’emersione insomma, che permetterebbe l’applicazione di sanzioni ridotte. Tuttavia la mancanza di compliance potrebbe anche derivare dall’inaffidabilità degli strumenti utilizzati, e infatti la necessità di una revisione è indicata anche nelle linee guida di politica fiscale messe a punto dal ministero dell’Economia per il prossimo triennio.
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