by VINCENZO NIGRO, la Repubblica | 14 Gennaio 2016 10:24
Bisogna fermare l’espansione del Daesh in Libia. La loro minaccia sta crescendo, Non c’è dubbio: i terroristi del Daesh in Libia hanno dimostrato di avere la capacità di agire in parallelo, allargandosi non solo verso Est, verso i pozzi petroliferi. Ma anche verso Sud. E per fermarlisi può solo combattere. Militarmente. Ma per fare questo c’è bisogno che a combattere il Daesh siano i libici, uniti, e per unire i libici c’è bisogno di un accordo politico, di un consenso politico che faccia ripartire l’azione politica in Libia».
Martin Kobler, il diplomatico tedesco che guida la missione Onu in Libia ha un quadro chiaro delle cose da fare per mandare avanti questa delicatissima mediazione. Parla al telefono da Tunisi, sa benissimo che il nemico, lo Stato islamico, non sta fermo, metterà a segno nuovi colpi, anche in Europa. Ma insiste: «Non c’è alternativa, prima di una eventuale azione militare ci vuole un governo in Libia, che deciderà la sua strategia per combatterel’Is e poi eventualmente chiederà l’aiuto internazionale ».
Da giorni ci sono indiscrezioni su attacchi aerei notturni, misteriosi voli militari, come se qualcuno fosse già in azione. Ma non sarebbe utile attaccare il Daesh in Libia anche prima della formazione del governo di unità nazionale?
«La mia posizione è chiara: per condurre questa battaglia non dovremmo fare il secondo passo senza aver fatto il primo. Ora la priorità è dare possibilità all’accordo politico libico di formare il governo.Sono in contatto quotidiano con loro» Ci sono liti per la scelta dei ministri…
«Il premier Al Serraj ha tempo fino al 17 gennaio, poi questo governo dovrà essere votato dalla Camera dei Rappresentanti, il che potrebbe portare il tutto alla fine di gennaio. Non interferiamo nella formazione del governo, ma incoraggiamo i libici ad andare avanti. Quando ci sarà il governo ci sarà un ministro della Difesa capace di definire una strategia per combattere il terrorismo, e quindi di formulare le richieste di assistenza alla comunità internazionale per bloccare l’espansione del Daesh. La sequenza degli eventi è chiara».
Quali sono le criticità del negoziato dei libici per il nuovo governo?
«Siamo ancora nei tempi previsti, il negoziato va avanti, non so se ci sono problemi o che tipo di problemi sono perché lasciamo al Consiglio presidenziale il compito di negoziare, senza interferire. Al momento non ho nessuna indicazione secondo cui il Consiglio di presidenza non sarà in grado di presentare la lista dei ministri alla Camera dei rappresentanti libica nei tempi previsti. Aggiungo solo un particolare non secondario: abbiamo fatto un solo intervento, pubblico, chiedendo che nel governo vengano incluse almeno un 30% di donne. Nel Consiglio di presidenza non c’è una sola donna, questo ce lo hanno fatto notare le donne e gli stessi attivisti » Qual è la valutazione dell’Onu sulla crisi umanitaria nel Paese?
«Ci sarà presto una conferenza a Roma dedicata a questi temi, perché ci sono già adesso 2,4 milioni di persone in Libia affidate all’assistenza umanitaria. Sono stato io stesso lì pochi giorni fa: migliaia di persone vivono in campi profughi anche da 5 anni! La situazione a Bengasi e in molte grandi città devastate dalle battaglie è disastrosa, ancora non ne abbiamo la percezione in Europa.Negli ospedali mancano medicine. Condizione inaccettabile per un Paese ricco, orgoglioso, dignitoso come la Libia. È una vergona che 400.000 persone debbano dipendere dagli aiuti in un Paese come la Libia. Anche per questo c’è la necessità urgente di un governo».
Come giudica l’attacco al primo ministro designato Fayez al Serraj?
«Il premier Serraj ha fatto una scelta giusta nel rischiare per andare a Zlitan a offrire le sue condoglianze alle famiglie dei giovani cadetti della polizia uccisi nell’attentato del Daesh. Anche per dimostrare la presenza del governo. Qualcuno ha sparato in aria al passaggio del suo convoglio di auto, lui è rientrato, ha aspettato alcune ore e nella notte è ritornato a Tunisi. Il governo libico fa bene ad essere presente in Libia, nonostante i problemi di sicurezza ».
Lei ha già parlato del ruolo dell’Italia, ma cosa dice del ruolo di altri Paesi della regione, che finora hanno armato e aizzato le fazioni l’una contro l’altra… «No, voglio parlare di Italia,sto seguendo giorno dopo giorno il ruolo dell’Italia, che ha ragioni geografiche, storiche, di interessi di sicurezza e certo anche economici, ma che segue davvero un approccio costruttivo alla ricostruzione della Libia. Sono in contatto con Gentiloni ogni settimana, apprezzo l’interesse di tutto il governo italiano. Avete un vero ruolo di leadership e la esercitate con equilibrio. E devo dire che l’Italia ha un ruolo essenziale anche in un compito decisivo: incoraggiare, sostenere, appoggiare i nuovi leader, il nuovo governo. Perché loro hanno bisogno di essere sostenuti, con energia».
Per quanto riguarda gli attori regionali? Stanno continuando ad armare e aizzare le milizie libiche?
«So perfettamente che alcuni Paesi vengono considerati a favore di Tripoli, altri a favore di Tobruk; ma sono testimone del fatto che adesso c’è una vera cooperazione fra Paesi che voglio indicare come Qatar, Turchia, Egitto, Emirati, anche perché è chiaro a tutti che l’espansione del Daesh è un danno per tutti. Se il Daesh continuasse ad espandersi verso l’Est e il Sud della Libia questo cementerebbe una divisione della Libia. Tutti l’hanno capito».
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