L’ultimo schiaffo alla Farnesina

by Giuseppe Cassini, il manifesto | 21 Gennaio 2016 10:06

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Il Consiglio dei Ministri ha incaricato Carlo Calenda, confindustriale doc e attuale vice-ministro dello Sviluppo Economico, a rappresentare l’Italia presso l’Unione Europea: un fulmine che ha scosso fin dalle fondamenta il monoblocco della Farnesina. E’ infatti la prima volta che un posto di ambasciatore (e quale ambasciatore!) viene affidato a una persona che ambasciatore non lo è diventato salendo faticosamente i gradini della carriera diplomatica.
Sia chiaro che la Farnesina doveva aspettarsi questo schiaffo. Da tempo si era chiusa nella sua torre d’avorio, illudendosi così di resistere agli assalti di Palazzo Chigi e degli altri dicasteri.

Intanto il ministro Tremonti aveva tagliato il suo già magro bilancio fino a mutilarne l’attività (senza per questo rimpinguare l’erario, dato che il Mae incide meno dell’1% sul bilancio statale). Perfino il ministero dell’Ambiente aveva sottratto al Mae le sue competenze sui grandi negoziati climatici affidandole a Corrado Clini, con i risultati che si sono visti. Ora la torre d’avorio è stata smantellata pezzo a pezzo: manca poco prima che la Farnesina venga riconosciuta unicamente per l’Unità di Crisi. Osservandola oggi viene in mente lo scoramento di Goethe di fronte alla sua Germania: «Provo tristezza pensando al popolo tedesco, tanto degno di stima per i singoli individui e tanto miserevole nel suo insieme».

Nel primo dopoguerra l’Italia sconfitta aveva delegato alcune personalità antifasciste a rappresentarla presso le quattro potenze vincitrici. Decisione ben giustificata allora, ma stavolta? Questa nomina in stile renziano ricorda non tanto il 1946 quanto il 1936, quando Galeazzo Ciano s’insediò al ministero degli Esteri e aprì le porte ad estranei alla diplomazia di carriera. Certo, ora non siamo negli anni Trenta. Certo, la Rappresentanza presso l’Ue somiglia sempre meno a una classica Ambasciata. Certo, la Farnesina tarda ad adeguarsi a un sistema internazionale post-westphaliano. Ma le nomine politiche sono inevitabilmente sottoposte a tentazioni “al ribasso”.

Carlo Calenda è sveglio e competente. Inoltre discende in linea materna dal grande Comencini e in linea paterna dall’ambasciatore Calenda, che conobbi nel 1970 alle riunioni ministeriali in cui si doveva decidere quale politica adottare nei confronti della Libia dopo l’arrivo di Gheddafi. Calenda era appena tornato da Tripoli dove aveva retto la nostra ambasciata per un biennio ed era molto ascoltato. Durante le riunioni diceva e ripeteva testualmente: «Non preoccupatevi di Gheddafi. E’ un giovane predone del deserto e verrà cacciato entro un anno». Speriamo che Carlo Calenda junior abbia ereditato i geni materni.

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