by Chiara Cruciati, il manifesto | 17 Gennaio 2016 9:37
A 37 anni dalla rivoluzione di Khomeini, l’Iran è entrato ieri in una nuova era: mentre scriviamo, le sanzioni economiche (che hanno punito l’economia di uno dei paesi leader del Medio Oriente) erano sul punto di essere definitivamente sospese. Teheran rientra nella comunità internazionale dalla porta aperta dall’accordo siglato il 14 luglio con il 5+1 sul programma nucleare.
A preannunciare la fine dell’embargo era stato ieri mattina il ministro degli Esteri iraniano Zarif, arrivato a Vienna per incontrare l’Alto rappresentante Ue agli affari esteri Mogherini, il segretario di Stato Usa Kerry e il capo dell’Iaea (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) Amano.
Zarif ieri, su Twitter e in tv, festeggiava un giorno storico in attesa che l’Iaea desse il via definitivo alla sospensione delle sanzioni presentando il rapporto finale sul rispetto degli obblighi previsti dall’accordo della scorsa estate. Ovvero, la riduzione da parte di Teheran di due terzi le centrifughe di arricchimento dell’uranio, il blocco dell’impianto di Fordow e la rimozione del nucleo del reattore della centrale di Arak. L’Iaea monitorerà per altri 15 anni: alla prima violazione le sanzioni saranno riattivate.
«Oggi, con il rapporto del capo dell’Iaea, l’accordo sul nucleare sarà implementato e in un comunicato congiunto sarà annunciato il via all’accordo. Oggi è un gran giorno per l’Iran», diceva ieri mattina Zarif all’agenzia di Stato iraniana Irna.
A cementare l’accordo è giunto nel pomeriggio lo scambio di prigionieri tra Teheran e Washington, ulteriore segno della riduzione delle tensioni. L’Iran ha rilasciato 4 persone con doppia cittadinanza, iraniana e statunitense: il giornalista del Washington Post, Jason Rezaian, in carcere da 543 giorni con l’accusa di spionaggio; il pastore Saeed Abedini, dietro le sbarre da 3 anni; l’ex marine Amir Hekmati; e Nosratollah Khosravi Roudsari. Non rientrerebbe nello scambio l’uomo d’affari Siamak Namazi. Gli Usa, da parte loro, hanno liberato 7 prigionieri di nazionalità iraniana, in carcere per violazione delle sanzioni.
L’effetto sarà dirompente: dopo 30 anni trascorsi agli angoli della comunità internazionale, ma comunque in grado di mantenere un ruolo centrale in Medio Oriente, l’Iran vedrà rientrare ricchezze bloccate per 10 anni. Saranno scongelati beni finanziari il cui valore oscilla tra i 60 e i 100 miliardi di dollari, ma soprattutto gli investitori internazionali rientreranno nel paese secondo al mondo per produzione di gas naturale e quarto nel greggio.
Compagnie belliche, petrolifere, aziende straniere e Stati torneranno ad investire in Iran. Non è un caso che già ieri, prima dell’annuncio finale, rappresentanti di Shell e Total sono volati a Teheran per incontrare il ministro del Petrolio e compagnie energetiche. Dopotutto Teheran ha già annunciato di poter cominciare ad esportare entro poche settimane 500mila barili di greggio al giorno, un milione entro l’anno e 5,5 milioni in tre anni. E in serata arrivava l’ultimo annuncio: l’acquisto da parte della compagnia di bandiera iraniana, Iran Air, di 114 aerei civili della francese Airbus.
Una spinta forte al riammodernamento di un paese bloccato dall’embargo che potrà sfruttare le nuove ricchezze per infrastrutture e industrializzazione e quindi per dare una spinta consistente all’occupazione interna. Di sicuro chi ne gioverà sarà l’ala politica moderata – quella portata al potere dal presidente Rowhani e ben rappresentata dal ministro degli Esteri Zarif – che permetterà di alienare i radicalismi del passato.
Trema il nemico iraniano, l’Arabia Saudita, che non ha mai nascosto la propria contrarietà all’accordo sul nucleare, fortemente voluto dal principale alleato di Riyadh, gli Stati Uniti. I Saud sanno di perdere molto dalla nuova legittimazione internazionale dell’alleato regionale: perderanno – insieme ad Israele – il monopolio dei rapporti diplomatici con l’Occidente, tradottisi negli anni nell’imposizione di politiche e di palese impunità, e quello di bastioni della sicurezza statunitense ed europea nella regione. Di certo la faccia del Medio Oriente è destinata a cambiare.
Ad avvicinare i due vecchi nemici, Washington e Teheran, c’è la battaglia comune contro il sunnismo estremista.
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