La verità di Londra “La morte di Litvinenko fu omicidio di Stato e forse Putin dette l’ok”

La verità di Londra “La morte di Litvinenko fu omicidio di Stato e forse Putin dette l’ok”

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 LONDRA. Un omicidio “di Stato”. Un’operazione dell’Fsb, il servizio segreto russo, successore del Kgb sovietico, ha «molto probabilmente» assassinato Aleksandr Litvinenko, una missione «probabilmente approvata » dall’allora capo dell’Fsb, Nikolai Patrushev, «e anche dal presidente Putin». Atteso quasi dieci anni, il verdetto sulla morte dell’ex-agente venuto dal freddo, diventato un dissidente, un cittadino britannico e infine anche un collaboratore dello spionaggio di Sua Maestà, ucciso con qualche goccia di polonio radioattivo nel tè somministratogli nel 2006 in un abergo di Londra, suona come una condanna senza mezzi termini nei confronti di Mosca. Non equivale a un’incriminazione formale, perché arriva da una “public inquiry”, un’inchiesta pubblica, non da un processo vero e proprio: ma a pronunciarlo è sir Robert Owen, giudice d’alto livello, che ha potuto usare i mezzi a disposizione di un’indagine giudiziaria, incluso il materiale top secret in possesso dell’intelligence britannica, non rivelato in aula.
Il sospetto che il capo del Cremlino fosse il mandante dell’assassinio non è una novità, ma il rapporto di 300 pagine del magistrato inglese è forse il “ j’accuse” più pesante mai formulato nei suoi confronti. Movente? «Mandare un segnale » ai nemici del presidente russo, afferma il giudice Owen. «Sono convinto che membri dell’amministrazione Putin, incluso lo stesso presidente, avessero motivi per uccidere Litvinenko», scrive nel suo dossier. Anche motivi personali, soggiunge: Litvinenko aveva pubblicamente accusato Putin di avere distrutto videocassette in cui il leader russo avrebbe fatto sesso con ragazzi minorenni. Gli aveva dato del pedofilo.
Lungamente rinviata, ufficialmente per proteggere segreti di Stato, più verosimilmente per interessi economici e politici, l’inchiesta produce l’effetto di una bomba. «Questa sentenza conferma quello che abbiamo sempre creduto, si tratta di uno spaventoso omicidio commissionato da uno Stato», commenta David Cameron dal summit di Davos, promettendo una «linea più dura» verso Mosca. Il Foreign Office convoca l’ambasciatore russo, il ministro degli Interni Theresa May assicura in Parlamento che il premier solleverà la questione con Putin «alla prima occasione». Ma a parte sanzioni contro gli esecutori materiali del delitto, gli ex-agenti del Kgb Andrej Lugovoj e Dmitrij Kovtun, da tempo al sicuro in Russia, per ora Londra non vara misure particolarmente severe. Tanto che l’opposizione laburista accusa il governo di una reazione troppo morbida, pavida. Più severa, paradossalmente, è la risposta di Mosca, dove un portavoce del Cremlino parla di «inchiesta politicizzata» e il ministro degli Esteri Lavrov avverte: «Ci saranno conseguenze nei nostri rapporti». Fingendo di non sapere che, in Gran Bretagna, la magistratura è indipendente dal potere esecutivo.
«Sono felice che la parole pronunciate sul letto di morte da mio marito, quando accusò Putin di averlo avvelenato, siano confermate da un tribunale inglese con un elevato standard di indipendenza e imparzialità », dice Marina Litvinenko, appena uscita dalla Royal Court of Justice dove è stato diffuso il rapporto. La affiancano il figlio, che aveva appena 12 anni quando suo padre morì, e il suo avvocato, che definisce la morte di Litvinenko un episodio di «terrorismo nucleare ».
Alla vedova si sono asciugate da tempo le lacrime. Chiede a Cameron sanzioni economiche contro la Russia, divieto d’ingresso in Gran Bretagna per Putin e i suoi consiglieri. «E’ impossibile che il primo ministro non faccia nulla dopo un verdetto come questo», continua. «Per me è una vittoria importantissima, una vittoria personale, perché ho perso mio marito, ma anche per il mio paese. Io non odio la Russia, al contrario, ho inseguito la verità per la Russia e per il suo popolo». Non c’è verità nelle notizie e non ci sono notizie nella verità, ironizzava una vecchia battuta nella Mosca sovietica. Ma ieri a Londra è venuta fuori una verità che sconvolge il mondo. Il tè al polonio radioattivo che ha ucciso Aleksandr Litvinenko fa ancora notizia, dieci anni dopo.


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