Ilva, aiuti sub judice. Ma c’è lo spiraglio “bonifica”

Ilva, aiuti sub judice. Ma c’è lo spiraglio “bonifica”

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IL CASO A BRUXELLES VIA AL “PROCESSO” SUL MILIARDO STANZIATO PER SALVARE L’ACCIAIERIA ILVA DI TARANTO

È stato uno dei dossier sui quali si è catalizzato lo scontro tra Renzi e Bruxelles. E proprio domani la Commissione europea passerà ai fatti aprendo formalmente l’indagine approfondita per sospetto di aiuti di Stato in favore dell’Ilva di Taranto. Ma a parte le dichiarazioni forti, in queste settimane i negoziati riservati tra governo e il commissario alla Concorrenza, Margrethe Vestager, hanno dato i loro frutti. La procedura Ue infatti è meno intrusiva di quanto si potesse immaginare fino a qualche mese fa perché non congela i soldi stanziati dal governo per bonificare l’area di Taranto.

La bozza di decisione, che sarà formalizzata domani, in queste ore inizia a girare tra le scrivanie degli alti funzionari di Bruxelles e spiega che nel mirino ci sono le garanzie pubbliche concesse all’Ilva negli ultimi anni e gli 800 milioni sbloccati in dicembre con la Legge di Stabilità in favore dell’impianto (si sommano ai 300 stanziati in precedenza). «Possono essere un vantaggio illecito che distorce la concorrenza», il dubbio della Direzione generale per la Concorrenza di Bruxelles, costretta ad intervenire da una serie di denunce firmate dai competitor dell’azienda italiana: la siderurgia tedesca, le associazioni di categoria europee, i produttori inglesi, Arcelor Mittal e il Dipartimento del commercio degli Stati Uniti. In caso di inazione Bruxelles avrebbe rischiato una condanna in Corte di giustizia. Il settore siderurgico europeo è colpito da sovrapproduzione e massicce importazioni cinesi che stanno mettendo in ginocchio diversi produttori, come quelli britannici. Per questo la Ue è inflessibile nel bocciare aiuti pubblici che tengano a galla aziende finanziariamente decotte.

Il passaggio chiave della bozza, quello sul quale da maggio il governo ha lavorato più intensamente, indica che se sarà stabilito che il finanziamento pubblico è rivolto alla bonifica dell’azienda – e non alla produzione – allora sarà ritenuto lecito. In questo caso, però, al termine dei processi contro la famiglia Riva che possedeva l’Ilva e il vecchio management, i responsabili dell’inquinamento dovranno rimborsare allo Stato 1,1 miliardi. Il che va bene al governo visto che 1,2 miliardi sospettati di essere stati sottratti illecitamente dall’azienda da parte degli ex proprietari sono bloccati in Svizzera in attesa di sentenza definitiva in Italia. Tra l’altro dal 2013 è aperta una procedura ambientale Ue contro l’Italia per l’inquinamento a Taranto ma inizialmente i funzionari alla Concorrenza si rifiutavano di riconoscere la necessità di stanziare risorse per la bonifica, salvo cambiare idea nelle ultime settimane su insistenza del governo dando così la possibilità a Roma di superare indenne la procedura se sarà in grado di dimostrare che i soldi sono stati usati solo per l’ambientalizzazione del sito. Un concetto riconosciuto dalla Vestager e che comprende una serie di interventi più ampi su tutta l’area Ilva rispetto a quelli chiesti dal suo collega all’Ambiente, Karmenu Vella. Insomma, anche misure sulla messa a norma ambientale potranno essere promosse.

Il governo dunque lavora per superare l’indagine senza condanna e conseguente obbligo per l’azienda a restituire allo Stato i soldi stanziati per la bonifica (un colpo mortale Ilva), ma in caso contrario già immagina un ricorso in Corte di Giustizia. Oltretutto Roma ha stabilito di vendere Ilva entro giugno e l’arrivo di un nuovo soggetto che segni una discontinuità aziendale dovrebbe facilitare la chiusura dell’istruttoria Ue. Al momento c’è interesse da parte di coreani, cinesi e di Arcelor-Mittal, proprio uno dei denuncianti presso la Ue.



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