by ANDREA TARQUINI, la Repubblica | 27 Gennaio 2016 9:34
Confisca dei beni a chi chiede asilo: «Devono pagare almeno parte di quello che ricevono». È accaduto in Danimarca, «il paese più felice del mondo» secondo le statistiche Onu. Il provvedimento è stato votato da quasi tutti: i socialdemocratici insieme al governo di destra sostenuto dai populisti xenofobi.
È un duplice colpo al cuore, al modello scandinavo e all’anima dell’Europa intera, quello inferto con il voto di ieri del
Folketing, il parlamento reale di Copenhagen. Il fine giustifica i mezzi, dice in sostanza l’esecutivo guidato dal premier conservatore Lars Lokke Rasmussen: bisogna scoraggiarli a venire da noi.
Il dibattito andava avanti da mesi. L’Onu aveva ammonito i politici danesi: «Trattate con rispetto e dignità chi ha sofferto e rischiato la vita per fuggire dalle guerre». Si sono schierati contro la decisione anche i grandi intellettuali, a cominciare da Jussi Adler Olsen in una recente intervista rilasciata a Repubblica.
Hanno protestato le ong di tutto il mondo, paragonando la legge agli espropri attuati dai nazisti sugli ebrei, cittadini del Reich o dei paesi occupati. Invano.
Il voto ha registrato una maggioranza schiacciante: 81 voti a favore su 109. Compresi, appunto, anche i socialdemocratici. Coerenti in fondo, come osserva un diplomatico europeo: negli ultimi mesi al potere e nella campagna elettorale combattuta e persa contro Rasmussen, l’allora premier di sinistra Helle Thorning- Schmidt aveva gareggiato con i partiti della destra nel chiedere tolleranza zero. La legge colpirà i migranti in ogni aspetto della vita quotidiana se riusciranno ad arrivare, nonostante i controlli al confine, nel territorio danese. Ogni patrimonio al di sopra di diecimila corone (equivalente di 1.340 euro) verrà infatti loro confiscato. Soltanto su un punto l’ispiratrice degli espropri, oltre che del blocco alle frontiere, la ministra dell’Integrazione Inger Stojberg, ha ceduto: chiedeva infatti di sequestrare anche le fedi nuziali o i preziosi di valore affettivo o familiare.
Ma il linguaggio usato resta ugualmente pesante: «Con questa legge vogliamo colpire i migranti che arrivano da noi in Danimarca con le valigie piene di diamanti», ha dichiarato il ministro della Giustizia Soren Pind. «Si registra un solo caso del genere nell’ultimo secolo», ribattono i pochi contestatori. Invano.
E non è finita qui. I sussidi ai migranti verranno ridotti del 10 per cento. E la polizia potrà aprire i loro bagagli in qualsiasi momento per perquisirli. Chi arriva da solo e chiede il ricongiungimento con la famiglia dovrà invece attendere tre anni, non più uno soltanto come avveniva finora. «Si tratta di un’evidente violazione della convenzione dell’Onu », denunciano a Copenhagen gli avvocati che assistono volontariamente i profughi. Ma anche il soggiorno dei perseguitati per ragioni etniche, religiose o politiche, finora garantito per 5 anni, viene ridotto a due. E chi chiede un soggiorno permanente dovrà pagare 500 euro dimostrando di avere un lavoro stabile e parlare perfettamente danese.
Solo la Svizzera del populista Blocher lavora a norme simili. In Germania sussidi e aiuti sono concessi a qualunque profugo dimostri di essere nullatenente, se poi lavora riceve meno. Ma Copenhagen ha scelto la linea dura.
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